BRINDISI – La Supreme Court del Regno Unito è recentemente intervenuta sul tema attinente l’individuazione delle linee guida per il risarcimento del danno conseguente alla risoluzione per inadempimento del c.d. charter party. La succulenta occasione è stata servita dal caso “New Flamenco’ Globalia Business Travel S.A.U. contro Fulton Shipping Inc of Panama”, passato tra le mani, nel corso di questi ultimi anni, dei vari gradi di giudizio in terra Albione.
Veniamo, prima di tutto, all’occasione. Nel marzo del 2005, la Fulton Shipping Inc of Panama acquistò la nave da crociera “New Flamenco” – per gli addetti ai lavori, si tratta della celebre unità, costruita nei cantieri Navali Riuniti di Riva Trigoso, oggi Fincantieri, operante per molti anni sotto l’insegna della defunta “Festival Crociere” – che, per volontà della vecchia proprietà, era stata concessa l’anno precedente in time charter alla Globalia Business Traver S.A.U.
In virtù di ciò, la nuova proprietà e il charter sottoscrissero nel 2005 un accordo di estensione del noleggio fino al 28 ottobre 2007. Tuttavia, in seguito ad una intesa maturata solo oralmente nel giugno 2007, le parti convennero di postergare ulteriormente la riconsegna della nave al 2 novembre 2009.
Ebbene, quest’ultimo accordo venne repentinamente disconosciuto dal charterer e così l’armatore, ritenendo che sussistessero gli estremi di una risoluzione contrattuale per inadempimento, acconsentii’ alla riconsegna della nave per il 28 ottobre 2007. Poco prima di questa data, tuttavia, gli armatori avevano sottoscritto un MOA (Memorandum of Agreement) per la vendita a terzi della nave per USD 23,765,000.Così, dalle parti del Tamigi, si aprì il sipario di un arbitrato internazionale nel quale il vecchio armatore della New Flamenco rivendicava il ristoro dei danni per lucro cessante.
In codesta sede, l’arbitro non solo accertò la sussistenza dell’accordo orale del giugno 2007 quanto, anche, che la risoluzione anticipata del contratto aveva consentito all’armatore di alienare la nave ad un prezzo decisamente più alto – oltre 17 milioni di dollari di differenza – di quello che, invece, avrebbe spuntato vendendo la stessa due anni più tardi ossia alla scadenza naturale del charter party: difatti, stando ai valori di mercato dell’anno 2009, non sarebbe stato possibile alienare la New Flamenco se non per una cifra vicina ai 7 milioni di dollari.
In soldoni, l’arbitro aveva riconosciuto che l’anticipata vendita della nave aveva procurato, in capo all’armatore, un consistente guadagno che compensava nonché eccedeva tutti i danni e le perdite derivanti dalla risoluzione anticipata del contratto. Come era lecito attendersi, il lodo venne riformato in primo grado e, in quella sede, i giudici inglesi riconobbero che l’arbitro aveva peccato nell’applicazione del diritto. La vendita anticipata della nave, seppur produttiva di considerevoli vantaggi economici, non era dipesa dalla risoluzione anticipata del charter party né poteva essere qualificata come un azione dell’armatore atta a mitigare i danni subiti.
Nelle ipotesi di risoluzione anticipata, difatti, l’Ordinamento britannico riconosce in capo al creditore il dovere di disporre una serie di misure atte sia ad attenuare che a non esacerbare le conseguenze derivanti dall’inadempimento del debitore (c.d. duty to mitigate damage suffered).
Anche questa decisione venne impugnata sicchè la Court of Appeal, ribaltando l’esito del pregresso grado di giudizio, si convinse che, in questa vicenda, non era possibile prescindere sia dalla vendita della nave che dai vantaggi incamerati in tal senso dall’armatore.
Arriviamo così ai giorni nostri. La Supreme Court, adita questa volta da parte del vecchio armatore, ha disposto che “la differenza di valore della nave è del tutto irrilevante poiché l’interesse dell’armatore al capitale in valore non aveva nulla a che fare con l’interesse leso dal noleggiante con la risoluzione anticipata del contratto. La vendita della nave – continua il relatore della sentenza, Lord Clarke – è il frutto di una decisione assunta, a proprio rischio e pericolo, dall’armatore e, pertanto, non vi era alcun rapporto di causalità con la risoluzione anticipata del charter party.
Parimenti, per lo stesso principio, la vendita della nave non può essere intesa quale azione di mitigazione dei danni subiti. Se, nell’anno 2009, il mercato dei noli fosse stato in bonis, la perdita subita dall’armatore sarebbe stata pari alla differenza tra il nolo pattuito in contratto e la quotazione di mercato esistente alla data della risoluzione.
Data l’assenza, illo tempore, di un mercato dei noli, la parametrazione del danno subito è data dalla differenza tra il nolo pattuito in contratto e quanto è stato/sarebbe stato guadagnato dall’armatore mediante l’utilizzo della nave durante un charter party più breve. In questo contesto – conclude la pronuncia – il vero atto di mitigazione sarebbe stato dato dal conseguimento di una fonte alternativa di reddito seppur dipendente dall’originario contratto di noleggio”.
Stefano Carbonara