BRINDISI – Da oltre centocinquant’anni, il caso Hadley v. Baxendale costituisce, nel firmamento giuridico inglese, la regola ideale secondo la quale il risarcimento del danno è limitato alle c.d. perdite prevedibili, inevitabili nonché provate con ragionevolezza e certezza. Alla base dell’allora esegesi (i.e.: il caso Hadley v. Baxendale risale al 1854), le perdite prevedibili coprono sia quelle dirette (costituiscono conseguenza diretta e naturale dell’inadempimento) che quelle indirette – o, se preferite gli anglicismi tanto imperanti, le c.d. consequential losses – vale a dire, tutti quei danni che le parti potevano ragionevolmente prevedere, quale conseguenza probabile dell’inadempimento, al momento della conclusione del contratto. Conformemente a tale regola, tuttavia, non sono risarcibili i c.d. danni da profitto perduto.
Ebbene, verso la fine di novembre dello scorso anno, l’High Court of Justice inglese – nello specifico, la Commercial Court – ha ridelimitato i confini delle c.d. consequential losses nell’alveo delle clausole di esclusione della responsabilità del costruttore di nave.
La ghiotta occasione è stata dettata dal caso Star Polaris LLC v. HHIC-PHIL Inc.: la bulk carrier Star Polaris, varata il 14 novembre 2011 nei cantieri di HHIC-PHIL Inc (i.e.: Hanjin Heavy Industries and Construction Philippines), iniziò a soffrire di seri problemi meccanici al sistema propulsivo a soli 7 mesi dalla consegna, verso la fine di giugno 2012. La nave, allora al largo delle coste turche, venne giocoforza rimorchiata per le opportune riparazioni nel cantiere coreano della HHIC-PHIL Inc. A tal punto, quest’ultima, negando la propria responsabilità in ordine ad una serie di danni, convinse l’armatore ad avviare un arbitrato per il riconoscimento delle proprie ragioni.
Nello specifico, l’armatore della Star Polaris aveva interesse al risarcimento dei danni diretti ed indiretti sulla base delle regole di Hadley v. Baxendale: pensiamo non solo alle spese per le riparazioni della nave quanto, anche, ai costi per il rimorchio, ai compensi d’agenzia, ai costi d’ispezione e controllo dello scafo, ed, infine, al bunkeraggio. Inoltre, la STAR POLARIS LLC chiedeva, in ultima istanza, che gli arbitri accertassero e dichiarassero il danno da perdita di valore della nave.
D’altro canto, il costruttore della nave riteneva, in base all’articolo IX, paragrafo 3, del contratto di costruzione, “di essere responsabile solo per i danni provocati da difetti dei materiali impiegati, da errori di progettazione, di calcolo e di realizzazione nonché da errori di manodopera”. In base al successo paragrafo 4, articolo IX – continua il contratto – il costruttore non poteva essere ritenuto responsabile, “per alcun danno indiretto salvo espressa pattuizione delle parti”.
Ebbene, gli arbitri riconobbero la parziale risarcibilità di alcuni danni diretti poiché avevano avuto modo di accertare la condotta negligente dell’ingegnere capo della bulk carrier de quo. Sicchè l’armatore della Star Polaris ricorse, questa volta dinanzi ai giudici inglesi, al fine di verificare se i c.d. danni indiretti dovessero essere interpretati anteponendo le regole di Hadley v. Baxendale alla volontà pattuita contrattualmente; in secondo ordine, ci si chiedeva se il c.d. danno da perdita di valore della nave potesse essere classificato quale danno indiretto.
Partendo dalla disamina del testo contrattuale, l’High Court of Justice ha posto l’accento sui già richiamati paragrafi 3 e 4 dell’articolo IX, ravvisando alcune interessanti considerazioni. Sostanzialmente, i giudici britannici hanno esteso il raggio d’azione delle c.d. consequential losses, ritenendo che quest’ultime consistano, conformemente al dettato contrattuale, in tutti quei danni che eziologicamente (l’arcinoto rapporto tra causa ed effetto) derivano dai difetti materiali (alias “vizi e difformità dell’opera”) della nave: si giunge, in soldoni, ad un superamento delle regole di Hadley v. Baxendale che si incentrano esclusivamente sulla prevedibilità del danno in sede di sottoscrizione del contratto. Inoltre, prosegue la corte britannica, il testo contrattuale lascia esplicitamente presagire come qualsiasi conseguenza finanziaria, perdita di valore della nave e/o perdita di profitto, derivante dai danni materiali accorsi alla nave, debba ricadere solo ed esclusivamente sull’armatore, così come previsto dal richiamato paragrafo 4 dell’articolo 3: tal tipologia di danno, in conclusione, dovrà essere sussunta all’interno delle c.d. consequential losses.
Non è dato ancora sapere quali saranno gli effetti, nonché gli impatti, che una simil pronuncia avrà sul mondo marittimo internazionale. Ciononostante, si deve sottolineare come il contratto di costruzione sottoscritto da Star Polaris LLC ed HHIC-PHIL Inc si basi sul c.d. modello SAJ (i.e.: Shipbuilding contract of the shipowners association of Japan) e sarebbe opportuna, dinanzi alle ipotesi di utilizzo di codesto formulario, una maggior cautela atta ad evitare ambiguità lessicali nonché una espressa pattuizione dei danni indiretti ricadenti in seno alla clausola di esclusione di responsabilità del costruttore.
Stefano Carbonara