MADRID – I portuali spagnoli non mollano e il Governo ritira il decreto per continuare le trattative con i sindacati. I portuali spagnoli non accettano la riforma della legge sui porti e con il motto “se toccano uno toccano tutti”, attraverso la rete, sui social network, da un porto all’altro, hanno allargato il fronte della protesta. Il Governo spagnolo attraverso un decreto legislativo intende conformare la legislazione nazionale alle normative dell’Unione europea in materia di lavoro portuale.
Una sentenza della Corte di Giustizia europea, nel lontano 2014, aveva stabilito che la legge spagnola non era conforme alle norme europee sul lavoro portuale e l’anno scorso la stessa Ue aveva intimato il Governo spagnolo di uniformarsi per evitare di incorrere in sanzioni. Intanto, lo scorso anno, il Parlamento europeo ha approvato nel pacchetto c.d. “trilogo” il regolamento per aumentare la trasparenza finanziaria nei porti e creare condizioni eque per l’accesso ai servizi tecnico-nautici in tutti gli scali degli Stati membri.
Tale regolamento, vincolante per gli Stati europei, si applicherà a oltre 300 porti inclusi nelle reti di trasporto compresi i “core network e le comprehensive network”; coinvolge il 96% di tutte le merci e il 93% di tutti i passeggeri in transito nei porti Ue. In altre parole, gli Stati membri, pur vincolati dal regolamento, restano liberi di decidere come organizzare questi servizi, nel rispetto delle norme della Corte di Giustizia Ue.
L’intervento/richiamo dell’Ue sulla Spagna si fonda sul fatto che il Governo iberico è venuto meno agli obblighi del Trattato sul funzionamento dell’Ue concernente la libertà di stabilimento (articolo 49), avendo obbligato i terminalisti che operano nei porti spagnoli a partecipare a una Sociedad Anonima de Gestion de Estibadores Portuarios (Sagep); sostanzialmente i terminalisti non hanno avuto la possibilità di rivolgersi al mercato per assumere proprio personale.
La proposta di riforma del Governo spagnolo, che dovrà essere adottata nelle prossime settimane, per evitare le sanzioni a partire del prossimo aprile, prevede la revoca dell’obbligo per le imprese di partecipare alla Sagep, la liquidazione di quest’ultime o la trasformazione in uffici per il lavoro, e l’abolizione del registro dei lavoratori portuali (si parla di 6156 iscritti). Nel nuovo decreto di riforma è previsto un periodo di transizione di tre anni in cui i terminalisti sarebbero obbligati a mantenere nel primo anno il 75% del livello di occupazione dei portuali della Sagep, nel secondo il 50% e il 25% nel terzo anno.
Da qui le motivazioni dello sciopero annunciato di febbraio; il decreto è stato bloccato e gli scioperi solo per il momento revocati, con la promessa però che se la trattativa con il ministero non dovesse dare esiti positivi, altri nove giorni di astensione dal lavoro a marzo, in modo discontinuo per causare il maggior disagio possibile ai porti nazionali ed internazionali. I disagi nei porti iberici si attueranno dal 6 al 24 marzo 2017 per contestare il progetto di legge del Governo che cambia le regole sulle compagnie portuali e contro le norme Ue.
Abele Carruezzo