ROMA – Pochi giorni or sono, la Corte Costituzionale si è definitivamente espressa per quanto concerne il criterio di determinazione dei canoni delle concessioni demaniali marittime pertinenziali: trattasi di quelle concessioni ospitanti “strutture permanenti destinate ad attività commerciali, terziario-direzionali e di produzione di beni e servizi”.
Il pronunciamento, contenuto nella sentenza n. 29 del 27 gennaio scorso, ha assunto una connotazione salomonica per oltre 300 operatori italiani, provando, per quanto possibile, a togliere le castagne dal fuoco ad una situazione creatasi nel 2007. L’allora Legge Finanziaria, infatti, aveva disposto, specificatamente all’art. 1, comma 251, che i canoni delle suddette pertinenze demaniali marittime dovessero essere determinati non più su base tabellare, “moltiplicando, invece, la superficie complessiva del manufatto per la media dei valori mensili unitari minimi e massimi indicati dall’Osservatorio del mercato immobiliare (OMI) della zona di riferimento”. L’importo ottenuto sarebbe stato moltiplicato ulteriormente per un coefficiente di 6,5 nonché ridotto a seconda della specifica superficie.
Vieppiù, nella Finanziaria 2007 non era prevista alcuna differenziazione tra le concessioni rilasciate prima e/o dopo dell’entrata in vigore della disposizione in esame.Orbene, il nuovo regime di parametrizzazione aveva condotto, in tal modo, ad una severa e generale maggiorazione dei summenzionati canoni che, a seconda dei casi, variava tra il 300 ed il 1500%, dando i natali all’attuale contraddittorio giudiziale sul quale pare ora possa calare il sipario.
Con fare salvifico, la Corte Costituzionale ha rilevato a tal uopo che “i criteri di calcolo dei canoni commisurati ai valori di mercato (OMI), in quanto riferiti alle opere realizzate sul bene e non solo alla sua superficie, risultano applicabili, quindi, soltanto a quelle che già appartengano allo Stato e che già possiedano la qualità di beni demaniali. Nelle concessioni di opere da realizzare a cura del concessionario, ciò può avvenire solo al termine della concessione, e non già nel corso della medesima”.
Per quanto concerne i rapporti concessori già in fieri all’entrata in vigore del nuovo regime di calcolo, sottolinea la Consulta, continueranno ad applicarsi i valori tabellari al fine di evitare che “venga onerato del medesimo canone sia chi abbia ricevuto un bene demaniale, su quale realizzi a proprie spese un’infrastruttura o un bene di difficile rimozione, sia chi, invece, abbia ricevuto in concessione un bene su cui insista una struttura già realizzata da terzi. Il criterio tabellare viene meno, prosegue la sentenza, laddove la commisurazione del canone venga parametrata alle concrete caratteristiche dei rapporti concessori nonché dei beni demaniali che ne formano l’oggetto”.
In contemporanea al pronunciamento della Consulta, Palazzo Chigi ha licenziato il disegno di legge delega, atteso da mesi, per la revisione e il riordino della normativa sulle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali ad uso turistico ricreativo. Perfetta sincronizzazione degli orologi o pura legge del caso?
Stefano Carbonara