Question Time: Delrio risponde sul sistema portuale

ROMA – Lo scorso 26 maggio 2016 il Ministro Graziano ha risposto al Question Time su “problematiche sistema portuale e trasporto marittimo”. Riportiamo la sua risposta al Senato.

“Signora Presidente, ringrazio per l'occasione che mi date per fare nuovamente il punto sul sistema della portualità che – come ricordiamo – è anche economico: gli 8.000 chilometri di coste italiane sono un sistema economico a tutti gli effetti. Dai nostri porti entra il 70 per cento delle merci che importiamo ed esce poco più del 50. È, quindi, un sistema molto rilevante. Abbiamo, però, inefficienze logistiche, come hanno ricordato sia il senatore Gibiino che il senatore Bruni; abbiamo un notevole problema di intermodalità e poi di corridoi, come ricordava il senatore Crosio.

Dobbiamo perciò avere un approccio olistico al problema della portualità, considerandola un sistema economico, un sistema territoriale, un sistema di grandi potenzialità di crescita, perché oggettivamente le trasformazioni in atto, come il raddoppio del canale di Suez, danno certamente grandi opportunità, che tuttavia vanno colte.

Noi perdiamo ancora oltre un milione di container che vanno a Rotterdam per poi tornare di sotto, il che significa che perdiamo risorse (in termini di tasse che non vengono pagate) nonché occasioni di sviluppo. Sono convinto che il sistema mare sia una delle frontiere su cui l'Italia possa fare di più e, per questo, ci siamo dedicati da subito alla predisposizione di un piano strategico della portualità e della logistica insieme. Le inefficienze logistiche ci costano 40-50 miliardi, a seconda degli studi, ma il fatto di non coordinare, di non avere l'ultimo miglio ferroviario, di non coordinare i corridoi, di non renderli operativi, ci rende ovviamente un sistema debole. Insieme a questo, ci rende deboli l'inefficienza amministrativa o l'eccesso di frazionamento burocratico-amministrativo.

In realtà, va detto che non è vero che nei porti manchino le risorse, perché essi possono fare affidamento su risorse anche private. È mancata, però, una regia centrale degli investimenti per impedire duplicazioni, perché non possiamo – lo dice spesso il senatore Filippi, e uso una sua frase – scimmiottare Rotterdam. Dobbiamo essere un sistema italiano diffuso, ma un unico sistema, certamente. Non abbiamo il grande porto su cui concentrarci, ma come sistema dobbiamo viverci e operare. Per questo abbiamo rafforzato nella riforma il ruolo di coordinamento centrale. Penso al porto di Taranto, una vicenda che ho seguito da vicino quando ero Sottosegretario e che ho continuato a seguire da Ministro. La crisi del porto di Taranto è dovuta al ritardo nell'esecuzione degli investimenti già autorizzati e finanziati; ritardi di dieci, dodici anni, in cui il terminalista poi scappa via. A tal proposito, vi do una buona notizia che è arrivata proprio ieri dal porto di Taranto: abbiamo ricominciato ad avere un aumento dei traffici dell'ordine del 30 per cento, anche per l'offerta turistica.

Vogliamo che il porto di Taranto pensi alla sua vocazione in termini non solo di container di grandi materiali, ma anche di approdo turistico, perché è un porto di grande potenzialità. Quindi, dobbiamo anche coordinare le funzioni e fare in modo che i porti siano multi funzioni e non mono funzioni, altrimenti rischiano molto in un mercato globale dove alcuni operatori determinano da soli lo spostamento di ingenti quantità di materiali. La riforma era necessaria, quindi, per il motivo che ha menzionato prima la senatrice Orrù, e cioè per la rilevante perdita di competitività dei porti. Abbiamo coordinato gli investimenti di RFI. Nei due contratti di programma 2015-2016, dove mettiamo a disposizione ulteriori 17 miliardi per lo sviluppo della rete ferroviaria, vi sono investimenti per quasi un miliardo per l'upgrading dei corridoi merci, appunto. Abbiamo ormai un 80 per cento dei traffici merci su ferro per quanto riguarda – per esempio – porti come Trieste.

Non ci sono, quindi, più camion che girano perché dobbiamo avere l'obiettivo – come attraverso le autostrade del mare che abbiamo rifinanziato con mare bonus – attraverso il ferro bonus, l'altra misura di incentivo, di trasportare sempre più le merci dalla gomma al ferro. Spostare almeno il 30-40 per cento delle merci dalla gomma al ferro è un obiettivo strategico del Paese: vuole dire meno congestione, meno necessità di strade; vuol dire seguire la linea dei nostri amici e vicini, come gli svizzeri, per i quali il sistema dei tunnel rappresenta nelle nostre interlocuzioni un eccezionale sistema integrato con il porto di Genova. E di questo abbiamo discusso con la Ministra fin dal momento del mio insediamento.

Abbiamo presentato proprio a Genova l'idea di vivere il suo porto, insieme a quello di Savona, come l'ingresso delle merci per tutta l'area logistica del Nord-Ovest. Abbiamo realizzato un comitato di coordinamento con le tre Regioni (Liguria, Piemonte e Lombardia) per consentire che quella del Nord-Ovest fosse un'unica area logistica, e lo stesso abbiamo fatto per la Puglia. Abbiamo, infatti, scritto nell'accordo di partenariato e nel programma operativo nazionale che l'area logistica della Puglia è un sistema d'investimento integrato e i fondi europei serviranno a sviluppare detti sistemi. Certamente, quindi, vi è l'intermodalità che avete citato. Per quanto riguarda le infrastrutture di ultimo miglio, l'R6 ha un programma di infrastrutturazione di ultimo miglio; penso ai lavori che stiamo facendo a Livorno, molto importanti, ma anche in altri porti, come Taranto.

Queste infrastrutturazioni dell'ultimo miglio sono il segno che pensiamo in termini integrati tra i vari sistemi: i porti non possono programmare i loro investimenti da soli, vivendo una vita autonoma, ma devono coordinarsi con agli altri sistemi, come gli interporti, le ferrovie e le grandi vie di comunicazione. La riforma, quindi, è molto importante e abbiamo fatto già passi avanti notevoli, come la semplificazione nei dragaggi. Inoltre, con l'ultimo decreto che state esaminando andiamo verso lo sportello amministrativo unico per i controlli, che unirà oltre 113 provvedimenti amministrativi e 23 autorità responsabili a vario titolo sotto un unico coordinamento: semplificazione, quindi. Abbiamo promosso il preclearing, ossia lo sdoganamento in mare: più di 3.500 navi oggi vengono sdoganate direttamente in mare e ciò è stato molto apprezzato dagli operatori internazionali.

Abbiamo 15 porti che ora fanno il preclearing, lo sdoganamento in mare. Abbiamo aumentato i fast corridor, ossia i corridoi in cui le merci viaggiano veloci a destinazione; penso, ad esempio, ai corridoi che abbiamo costruito, ferroviari e autostradali, dai porti per arrivare all'Ikea di Piacenza e al deposito del Nord. Credo che il Paese sia in movimento, con i provvedimenti sui dragaggi, fatti insieme al Ministero dell'ambiente, con la semplificazione amministrativa e la digitalizzazione in capo alle dogane, che hanno fatto uno straordinario lavoro, e con la semplificazione della governance, con cui dai comitati portuali passiamo ai comitati di gestione. La senatrice Orrù pone un problema molto serio: non dobbiamo dimenticarci dei Comuni capoluogo.

Noi certamente cercheremo di studiare un meccanismo per poterli coinvolgere, anche se non direttamente nel comitato di gestione, che vogliamo snello, comunque in un organismo di consultazione più ristretto. È giusto, infatti, che, nel momento in cui ci sono investimenti in porti che aderiscono all'autorità portuale, questi enti vengano consultati preventivamente e vi sia un meccanismo di regolazione. Ma non abbandoniamo l'idea dei comitati di gestione snelli. Gli attuali comitati portuali hanno svolto una funzione importante e non deve essere dimenticato che la legge n. 84 del 1994 è stata ottima e ha prodotto ottimi risultati. Non bisogna dimenticare da dove si parte, altrimenti ora sarebbe stato necessario un tagliando molto sostanzioso.

Ci adeguiamo, così, alla governance dei principali porti europei e – come ricordava il senatore Rossi – adottiamo anche, finalmente, un regolamento delle concessioni, che mancava da oltre dieci anni e che era necessario. Lo abbiamo predisposto, lo abbiamo mandato per le osservazioni ed è in fase di recepimento definitivo. Certamente, ci sono osservazioni su ciò che è stato fatto, che riguardano più dei chiarimenti che degli obblighi, che mirano a chiarire i criteri. Le concessioni, infatti, devono essere affidate con criteri trasparenti e con pubblicità adeguate. È questo il punto vero per creare legalità. Non è pensabile, infatti, che una concessione venga data gratuitamente o un'altra venga data per sessant'anni, senza criteri oggettivi. È una questione che davvero abbiamo posto come uno degli elementi iniziali e più importanti, tant'è vero che siamo finalmente alla conclusione del dibattito sul regolamento delle concessioni e possiamo dedicarci a un sistema regolamentato dal centro in maniera adeguata. Ancora una volta, poiché ci diamo l'ambizione di avere comitati di gestione linea con le principali d'Europa, i criteri sono quelli di avere persone competenti, capaci, e che abbiano competenze manageriali.

Non è necessario che abbiano vissuto nel porto, ma è importante che abbiano competenze manageriali, perché il porto è anche una grande impresa. Ed è evidente che per noi le procedure di concertazione – si cerca ovviamente l'intesa con le Regioni su detta questione – mirano semplicemente ed esclusivamente a trovare le persone che abbiano le caratteristiche giuste per fare di un porto un'opportunità di crescita, di sviluppo e di attrazione degli investimenti.

Il problema, infatti, è costituito certamente dagli investimenti pubblici, ma anche dall'attrazione di investimenti privati. Abbiamo visto che grandi aziende e grandi porti attraggono grandi investimenti privati e penso agli investimenti che si stanno facendo a Genova e a Trieste. Questo deve essere l'obiettivo dei porti italiani, con un sistema che complessivamente aderisce allo spirito del piano strategico e dei decreti attuativi che abbiamo messo in campo; un sistema che credo sia pronto. Speriamo di poter sviluppare questa economia del mare, così necessaria per promuovere l'occupazione e la crescita nel nostro Paese.