ROMA – Prosegue l’attività di UCINA Confindustria Nautica a tutela dei marittimi del diporto, un tema che interessa il personale imbarcato e le agenzie, ma anche la cantieristica, soprattutto quella dei Super Yacht, che in alcuni casi vede i costruttori gestire direttamente o indirettamente il personale per i loro clienti.
Dopo le osservazioni al decreto legislativo sui titoli professionali, presentate con il supporto dell’associata UCINA Italian Yacht Master, la più rappresentativa compagine associativa dei comandanti del diporto privato e commerciale, sono state presentate due interrogazioni al Ministro delle Infrastrutture e Trasporti, Graziano Delrio per ribadire che l’obiettivo dello Stato deve essere la concorrenzialità dei titoli italiani rispetto a quelli degli altri Paesi europei, specialmente quelli britannici.
“In particolare per quanto riguarda l’emanazione dei decreti attuativi del decreto legislativo 71 del 2015” – si legge nell’interrogazione a firma dei deputati Arlotti, Tullo, Pagani e Giacobbe – che il Ministro si adoperi “affinché non accada, come in passato, che l’Italia si trovi ad adottare una normativa di recepimento meno favorevole ai propri cittadini, secondo indirizzi non dettati dal legislatore, ma frutto di interpretazioni di un’amministrazione poco attenta alle esigenze del lavoro” e “se non ritenga il Ministro che la stesura dei suddetti decreti attuativi debba avvenire previa formale consultazione delle categorie interessate, avocando questo compito presso il suo Gabinetto”.
La parallela interrogazione a prima firma Tullo ricorda al Ministro competente come “ulteriore aggravante del sistema italiano è che l’ordinamento italiano, ad oggi, non riconosce i corsi professionali che un marittimo italiano abbia seguito e completato all’estero, ed accetta unicamente quelli seguiti in Italia ai fini dell’aggiornamento dei suddetti certificati”.
Si sottolinea anche come “le autorità marittime straniere, invece, riconoscono tutti i corsi (purché in ambito IMO – International Maritime Organization), seguiti dai propri marittimi, anche all’estero. E, poiché tali corsi si affiancano e in parte possono sostituire i mesi di imbarco ai fini del rinnovo dei certificati, ancora una volta i lavoratori italiani si trovano penalizzati rispetto ai colleghi di altre nazionalità”.
Le interrogazioni concludono ricordando che “per tutti i sopra elencati motivi è in corso un’emorragia di marittimi italiani, costretti, a fronte di gravi sacrifici economici, a recarsi all’estero e sottoporsi a una certificazione di altra nazione”.