BRUXELLES – Ancora una volta gli armatori europei auspicano una equa e giusta applicazione della direttiva UE sulla raccolta dei rifiuti prodotti a bordo delle navi. Nella propria nota, l’European Community Shipowners’ Associations, a firma del presidente Patrick Verhoeven, si dichiara che la direttiva europea per essere efficace i porti comunitari si dovranno dotare di adeguati impianti di raccolta.
Si tratta della direttiva 59C/2000 sugli impianti portuali di raccolta per i rifiuti prodotti dalle navi e i residui del carico; direttiva introdotta per prevenire lo scarico illegale di rifiuti e residui in mare e per incentivare le navi a scaricarli in impianti dedicati messi a disposizione dalle Autorità; direttiva che nella sua applicazione nei porti della UE si sta manifestando in maniera non uniforme.
Verhoeven, vista la scarsità di impianti per la raccolta di rifiuti, auspica un numero sufficiente di strutture idonee; anzi la UE deve garantire in ogni porto della comunità l’esistenza di impianti adeguati; inoltre, il presidente ECSA reclama che si debba adottare un sistema di tariffe più trasparente ed equo; un sistema di pagamento funzionale a cui debbano corrispondere degli incentivi agli armatori per lo scarico dei rifiuti in teli impianti.
Quando si parla di impianti adeguati si fa riferimento alla capacità e disponibilità di tali impianti a raccogliere le nuove tipologie di rifiuti; ci riferiamo all’acqua di zavorra, ai liquidi degli scrubber (apparecchiatura che consente di abbattere la concentrazione di sostanze presenti in una corrente gassosa, solitamente polveri e microinquinanti acidi) e ai prodotti residui del carico che le nuove normative ambientali classificano come rifiuti.
Ancora oggi, la direttiva riguarda tutte le navi, a prescindere dalla bandiera, che arrivano al porto di un paese dell’Unione europea, escluse le navi da guerra e quelle appartenenti a uno Stato o da esso operate per fini governativi non commerciali. Ogni porto della UE, tramite l’Autorità, previa consultazione delle parti interessate e, in particolare, degli enti locali, dell’ufficio di Sanità Marittima e degli operatori dello scalo, si deve dotare di un piano di raccolta e gestione dei rifiuti, rinnovabile e da approvare ogni tre anni.
I rifiuti prodotti dalle navi devono essere conferiti a un’autorità portuale di raccolta, salvo che laddove il comandante sia in grado di dimostrare che l’imbarcazione dispone di una capacità di stoccaggio sufficiente per raggiungere il porto di conferimento previsto. Uno studio di valutazione finale pubblicato nel 2015 dalla Commissione in merito all’attuazione della direttiva ha evidenziato un’efficacia, un’efficienza e un’uniformità parziali; ha inoltre evidenziato una serie di problematiche che potrebbero essere affrontate rivedendo la direttiva.
L’ECSA osserva che la revisione della direttiva europea dovrebbe stabilire un regime di eccezioni e deroghe garantendo una maggiore flessibilità agli armatori senza peraltro mettere a rischio gli obiettivi della direttiva stessa.
Abele Carruezzo