ROMA – Il governo federale australiano dà l’ok all’espansione di un porto del carbone a ridosso della Grande barriera corallina con l’approvazione di un piano per dragare vaste aree di sedimenti dei fondali marini e respingendo le preoccupazioni degli ambientalisti per il fragile ecosistema della zona.
Il ministro dell’Ambiente Greg Hunt aveva inizialmente approvato l’espansione dell’Abbot Point coal port nel nord del Queensland nel 2013 ma le operazioni sono slittate più volte proprio per le proteste dei gruppi per la difesa dell’ambiente. L’ampliamento previsto – che deve ancora avere l’ok definitivo del governo del Queensland – richiede una massiccia operazione di dragaggio per far posto alle navi in entrata e in uscita dal porto che si trova ad appena 20 chilometri dalla barriera corallina più vicina.
Il piano originario, riporta l’AP, prevedeva che fossero scaricati oltre 3 milioni di metri cubi di fanghi di dragaggio sulla barriera corallina. Il nuovo piano invece prevede di smaltire il materiale sui terreni in una zona industriale. Secondo il Wwf i sedimenti saranno però smaltiti in un’area adiacente alle zone umide che ospitano migliaia di uccelli e quindi continueranno a minacciare l’ambiente marino.
Secondo gli ambientalisti oltre al danno per i lavori di ampliamento, un porto più grande porterebbe ad un incremento del traffico commerciale con più rischi di incidenti come collisioni sulla barriera o sversamenti di carburante. Senza contare l’impatto sulle emissioni di gas serra (contribuendo a un’espansione dell’industria del carbone), in barba all’impegno a non superare il limite di 1,5 gradi dell’aumento della temperatura del globo raggiunto all’ultimo summit Onu sul clima (Cop21).
Il ministro Hunt invece, come scrive il sito Climate Home, sottolinea che le esportazioni di carbone australiano sostituiranno carburanti di bassa qualità e ridurranno così le emissioni complessive.