Lavoro portuale: nei porti automatizzati si licenzia

– Per anni si è parlato di automatizzare tutte le fasi di filiera dell’imbarco e dello sbarco delle merci dalle navi. Si è sempre detto, pure,  che la presenza di un computer sul luogo di lavoro genera in media la perdita di tre posti di lavoro; con un processo lavorativo in/out da una centralina smart i posti di lavoro persi aumentano. Per questo i lavoratori portuali di Rotterdam, uno dei più grandi porti del nord Europa per volumi di carico/scarico merci movimentati, hanno deciso di rifiutare l’automazione a causa della enorme perdita del lavoro.

La scorsa settimana, i lavoratori portuali del porto olandese hanno respinto le nuove “proposte su come organizzare i licenziamenti di massa quando si introduce una nuova tecnologia”; linee guida, redatte dall’Authority portuale di Rotterdam unitamente ai datori di lavoro, che hanno generato uno sciopero selvaggio di tre ore e si preannunciano altri sempre senza preavvisi.

Il problema ha interessato le navi attraccate alle banchine dei  terminal ECT Euromax e APM Terminal. I dipendenti dei vari terminal, sostenuti dai sindacati, chiedono misure migliori ed equi per mantenere il posto di lavoro nei prossimi anni, vista la forte spinta di automatizzare le fasi della movimentazione dei container sui vari piazzali dei terminal che sicuramente porterà a perdere centinaia posti di lavoro. Da parte loro i terminalisti respingono tali richieste, giustificando che il processo del lavoro portuale è cambiato sia nei modi che nei tempi e pertanto, se si vuole rimanere competitivi come terminal e come porto, l’approccio deve e dovrà essere diverso dall’applicare ore di sciopero.

Rotterdam in questo si propone come “giuda”; i sindacati non condividono lo status di conservatori e appartenenti ad altra epoca. Semmai, invitano i datori di lavoro ad investire più in formazione per partecipare sempre più al processo di automatizzazione del lavoro portuale.