Lega navale Ostuni: parte dal Salento il progetto internazionale CoCoNet per salvare il Mediterraneo

OSTUNI – Si chiama “biodiversità” ed è la chiave di volta per proteggere l’ecosistema marino, a cominciare dal nostro e dal suo comunicante Mar Nero. Cosa significhi e come funzioni l’ha spiegato l’illustre prof. Ferdinando Boero, docente di Zoologia all’Università del Salento, che ieri mattina, su invito della Lega Navale Italiana – Sezione di Ostuni – ha tenuto presso il Cinema Teatro Roma una relazione tecnica e appassionata sull’argomento.

E sì perché “non basta l’informazione ma occorre la conoscenza dell’ambiente marino per proteggerlo adeguatamente conservandone l’equilibrio”, con queste parole il prof. Boero ha catturato l’attenzione di una platea giovane quanto irrequieta, quella degli studenti dell’ultimo anno degli istituti superiori. Dopo i saluti iniziali, affidati al Sindaco della Città, che ha patrocinato l’evento e, al dott. Agostino Carparelli, presidente della Sezione locale della L.N.I., affiancato dal Delegato Regionale della L.N.I. ing. Retucci, la parola è passata per l’introduzione al Comandante della Capitaneria di Porto di Brindisi, C.V. (C.P.) Mario Valente, che ha delineato in base alla sua esperienza il ruolo e le difficoltà connesse alla gestione delle cd. “aree marine protette”.

“Tra quelle create, è una delle più organizzate a livello nazionale” – spiega ai ragazzi e, ancora: “avere un’area protetta non significa sottrarla alla fruibilità del pubblico, ma consentirla nel rispetto dell’ecosistema e col divieto di attività che possono alterarlo”. Conclude inviando al giovane pubblico un messaggio forte e chiaro: “La natura va rispettata e amata”!! Da qui in poi comincia una lezione preziosa, da cui tutti hanno qualcosa da imparare.

La buona salute e la vivibilità del nostro pianeta “dipendono da quello che succede nell’ecosistema marino, che tra mari e oceani occupa il 71% della superficie terrestre”, così il prof. Boero sprona i presenti e, li sensibilizza verso quelle forme di sfruttamento aggressivo e irresponsabile delle risorse marine. Le denuncia apertamente: il turismo balneare, di massa e concentrato in periodi ristretti, il traffico marittimo e le sue infrastrutture, la pesca industriale, praticata con tecniche distruttive come lo strascico, l’andirivieni delle petroliere che, con la loro attività estrattiva e di svuotamento dell’acqua di zavorra, inquinano e trasportano microorganismi “alieni” che sconvolgono le relazioni delle specie già esistenti.

Ognuno di questi fattori è suscettibile di una valutazione negativa di impatto ambientale, soprattutto – dice il professore – “ove considerati insieme e non singolarmente”. Lo strumento per arginare e rallentare il processo regressivo che quei fattori hanno innescato sull’ecosistema marino è l’istituzione delle Aree Marine Protette (A.M.P.), che, come spiega il prof. Boero, “servono a preservare la bellezza e l’unicità di aree marine carismatiche per il paesaggio o per la fauna”.

Oggi però quelle aree sono poche e, troppo spesso esistono solo sulla carta; per istituirle e per aumentare l’ambiente marino protetto è stato avviato il progetto CoCoNET, che ha la sua base operativa nel Salento ma che, voluto e finanziato dall’Unione Europea, coinvolge ben 22 Paesi e, riguarda allo stato il Mediterraneo. Un mare che il prof. Boero aiuta i presenti a conoscere più da vicino, dicendo loro che un tempo, molto lontano, si è prosciugato e, che se non è più successo dipende dalle correnti, quella di Gibilterra e quella Levantina Intermedia, che garantiscono il riciclo dell’acqua, anche al di sotto dei 500 mt grazie ai cd. “motori freddi” e, ai canyon scavati in profondità.

Ma per salvaguardarlo è necessario proteggere il suo ecosistema, già compromesso, ma che può essere recuperato abbandonando l’era della combustione e, aprendo la strada alla creazione in mare, al largo, di piattaforme eoliche off shore, coerenti, ove realizzate con i criteri opportuni, con l’habitat marino e alcune forme di acquacoltura. Su una cosa il professore non transige e, lo ripete più volte nella sua relazione: dalle aree bisogna passare alle reti marine protette e, per farlo significa che ognuno, nel suo piccolo deve dare il suo contributo, anche semplicemente segnalando la medusa di una specie particolare avvistata nel nostro mare.