Oltre 12.290 chilometri quadrati nell’Adriatico centro meridionale italiano sono interessati da permessi di ricerca, istanze di coltivazione o per nuove attività di esplorazione di petrolio che si aggiungono alle otto piattaforme già attive e da cui nel 2013 sono state estratte 422.758 tonnellate di greggio, il 58% del totale nazionale estratto dai fondali marini.
I dati sono riportati nel dossier “No al rischio petrolifero in Adriatico. Si a politiche comuni di qualità ambientale e gestione economica sostenibile” che Legambiente presenta oggi a Monfalcone (Gorizia) in occasione dell’arrivo in Friuli Venezia Giulia della “Goletta Verde”, chiedendo a Governo e Parlamento di rivedere le scellerate scelte politiche in materia energetica. Due nuove piattaforme – riporta l’indagine – sono in fase di autorizzazione, Ombrina mare della Medoilgas in Abruzzo, e la richiesta a largo di Ortona presentata dall’Agip. Nell’Alto Adriatico sono attivi impianti per l’estrazione di gas, con 39 concessioni attive da cui si produce il 70% del metano estratto dal mare italiano.
Numeri destinati ad aumentare, considerando la nuova corsa all’oro nero partita recentemente lungo le coste croate, in seguito alle rilevazioni eseguite dalla Spectrum su commissione del governo croato: 15 lotti dall’ampiezza di 2000 kmq che dovrebbero andare a gara entro la fine del 2014, per iniziare le attività di ricerca e di estrazione già dal 2015. A questo si deve aggiungere anche il rischio proveniente dall’intenso traffico di navi mercantili e petroliere, dal momento che Trieste e Venezia rappresentano i principali porti petroliferi italiani con migliaia di tonnellate di greggio movimentate ogni anno.
“Se non bastassero le motivazioni ambientali, a ribadire l’assoluta insensatezza del rilancio del petrolio sotto il mare italiano – dichiara Giorgio Zampetti, responsabile scientifico di Legambiente – ci sono gli stessi dati di Assomineraria relative alle riserve certe presenti sui fondali che abbiamo oggi a disposizione in Italia, che sarebbero sufficienti per appena otto settimane. Anche sul fronte croato la quantità reale di petrolio disponibile è ancora da verificare con indagini più approfondite.
Per questo siamo convinti che continuare a rilanciare l’estrazione di idrocarburi nel mare Adriatico e, più in generale nel Mediterraneo, è solo il risultato di una strategia insensata che non garantisce nessun futuro energetico per il nostro Paese e nemmeno per le altre nazioni costiere”.