Port and Coastal Survey: la Marina pronta a monitorare i fondali con i droni

Un progetto ambizioso, finanziato dal Ministero dell’Interno e da fondi Fesr, con l’obiettivo di rendere più sicure le acque nelle zone costiere e lungo le banchine dei porti del Sud Italia è stato presentato stamattina a Brindisi. Riguarda però anche i porti di Taranto, Bari, Napoli, Gioia Tauro, Messina, Palermo, Catania, Augusta.

Attraverso mezzi filoguidati e droni, con tecnologia sonar, gps, ecoscandaglio, telecamere e sensori, sarà possibile effettuare un monitoraggio dei fondali ed individuare eventuali ostacoli per la navigazione: lo scopo è quello di aumentare gli standard di sicurezza per chi naviga e proteggere l’ambiente marino ma anche mappare il fondale di alcune aree prestabilite nei nove porti scelti.

Per farlo il personale della sta impiegando alcuni mezzi acquistati dal ministero. Si tratta dell’Uss 10A (Unmanned Surface Vehicle), un gommone a chiglia rigida in grado di muoversi attraverso il pilotaggio remoto da un apposito container che consente anche di visualizzare in tempo reale i dati, equipaggiato con doppio Side Scan Sonar, ecoscandaglio e telecamera; Plus (Remotely Operated Vehicle), veicolo subacqueo per scoperta, identifcazione e distruzione di oggetti, equipaggiato con sonar, telecamera a colori e bracci manipolatori, telecomandato via radio con boa rimorchiata; 100 (Autonomous Underwater Vehicle), veicolo subacqueo autonomo che si muove su percorsi pre programmati in una cella perimetrale stabilita dall’operatore, dotato di Side Scan Sonar e sensori per misurare e registrare alcuni dati fisici dell’acqua.

Per questi due ultimi strumenti, lo Stato ha speso per il Remus della Kongsberg Company 400mila euro, per il Pluto della Gaymarine 800mila euro.

Da lunedì scorso e fino a venerdì, a Brindisi, sono in corso i monitoraggi in tre aree del porto: nel porto interno la banchina Centrale e Dogana, nel porto medio l’Isola di Sant’Andrea vicino al Castello Alfonsino, nel porto esterno l’area Punta Lunga-Punta Sant’Andea.

“Le aree sono state segnalate dall’Autorità marittima – ha spiegato Mirko Leonzio – ed individuate in base alla possibilità che esistano ordigni bellici o altro materiale che potrebbe costituire pericolo per chi naviga. Nelle prime due zone già analizzate a Brindisi, ci sono almeno 18 anomalie segnalate dagli strumenti. Ora ne approndiremo i dati”.

L’obiettivo, però, non è solo quello di rendere più sicure le acque per la navigazionee ma anche di avere un database che sarà gestito dal Ministero dell’Interno. “Ovviamente si tratta di dati – ha precisato l’ammiraglio di squadra Ermenegildo – che saranno a disposizione delle Capitanerie e delle Autorità portuali qualora fossero richiesti”.

 

Francesca Cuomo

Foto servizio: Gianni Di Campi