Qualora il nostro lettore viaggiando si ritrovasse in un mercato ittico turco, molti termini gli sarebbero familiari, come ad esempio il “palamitu”, ossia la nostrana palamita. Questa convergenza linguistica non è causale, ma frutto della “Lingua Franca del Mediterraneo”, il nome dato all’insieme di teorie messe appunto dai maggiori glottologi ed antropologi dell’ultimo secolo.
Franco Mosino, filologo calabrese candidato al premio Nobel per la letteratura ed autore tra i tanti titoli del “Vocabolario nautico dei Greci e dei Romani” edito dal Ministero della Difesa per la rivista ufficiale della Marina Militare, ci spiega in un sua intervista i principali cenni alla lingua franca mediterranea, sdoganando dagli ambienti accademici quest’affascinante argomento, per portarlo ai diretti interessati, cioè gli operatori del mare ed i cultori della navigazione.
“La lingua franca mediterranea è un idioma meticcio unico e sviluppatosi in secoli, anzi millenni, di contaminazioni tra greco, latino ed arabo, ciascuno comprensivo delle varie declinazioni dialettali in uso nelle rispettive aree costiere – spiega Franco Mosino – Il risultato fu un’autentica lingua comune impiegata dai naviganti dell’epoca e tramandatasi, ovviamente con le dovute evoluzioni, in tutte le lingue in uso negli attuali paesi che si affacciano sul Mediterraneo. Essa riguarda principalmente i nomi dei pesci, delle tecniche e degli strumenti di pesca, ma anche delle manovre basilari per governare un’imbarcazione”.
Secondo questi studi, fin dai tempi del “Mare Nostrum” i popoli del mare riuscirono a conformare spontaneamente tra loro terminologie e consuetudini comuni, il tutto grazie a quel ricettacolo di scambi commerciali ed culturali in cui si trasformò il Mediterraneo sotto l’egida e la sicurezza garantita dalla pax romana, che riunì per la prima volta popoli tra loro diversi e distanti, oltre che eliminare la pirateria.
Questa branca della filologia è oggi molto attiva ed offre diversi riscontri pratici. Oltre al vocabolario nautico di Mosino, sono numerose le opere su cui filologi e studiosi sono al lavoro, come la recente produzione sulla lingua salentina condotta dal glottologo romagnolo Gianguido Manzelli, che inquadra questo dialetto come idioma sintesi dell’Eurasia, oppure l’ancora inedito dizionario mediterraneo di Domenico Raso, altro importante antropologo calabrese scomparso lo scorso anno.
Quindi, la prossima volta che vi ritroverete alla fonda di uno dei porti del Mediterraneo, affinate bene le orecchie, potreste imbattervi in un termine della “lingua franca” e riscoprire come vi sia un unico sogno ed ideale dal sapor salsedine ad unire da sempre popoli e culture diverse, il mare.
Francesco Ventura