Registro Italiano Navale: una nave è per l’equipaggio

Investire sulla formazione continua delle risorse umane di un’azienda, significa ridurre le probabilità del manifestarsi di “rischi”, compromettendone i risultati di processo e di prodotto. Anche in “navigazione” si parla di “rischio” nautico come il prodotto dei fattori tecnico-umano-ambientale; per cui anche il più efficiente/efficace equipaggio messo a bordo di una nave poco“usabile” può andare incontro a situazioni poco sicure.

Quando osserviamo una nave che naviga, dobbiamo tener presente lo scenario delle “quinte” che stanno dietro: i progettisti e costruttori (shipbuilder) che si sono impegnati dal design al varo della nave; la compagnia di navigazione (owner), il cliente, che ha comprato la nave e l’intero equipaggio (seafares) che navigherà su quella nave per l’arco della sua vita lavorativa. E’ chiaro che gli shipbuilder pensano ad un proget to di nave che faccia realizzare il maggior profitto nel processo del trasporto marittimo; gli armatori desiderano comprare la nave al prezzo più basso e le esigenze dei marittimi imbarcati rappresentano “voci” del piano finanziario-economico di una nave da non considerarli come “utili”, ma parte del “danno” collaterale.

Questa riflessione si sta svolgendo in tutte le sedi del cluster marittimo, comprese le Università, cercando di far passare il nuovo concetto di “usabilità” di una nave, impostato  con l’approccio sistemico de “human-centered”: cioè un buon design che si traduce in una buona costruzione di nave, avrà successo in navigazione se potrà essere ben usata da un buon equipaggio. Può sembrare banale dire che l’usabilità di ogni mezzo navale è per la gente di mare che vi opera a bordo; infatti, la progettazione e la costruzione di ogni nave sono fasi operative che si compie una sola volta, mentre la competenza dell’equipaggio deve essere formata continuamente. E allora molti Registri di Classificazione Navali, compreso il nostro R. I. Na, sono impegnati nella redazione di “guide” operative ( Design Guide e l’Equipment Manufacturers’ Guide) per una valutazione complessiva della qualità di una nave seguendo l’approccio del “human-centered”.

Un nuovo modo di concepire le navi mettendo al centro del piano di costruzione l’elemento umano che andrà a vivere a bordo, pur nel rispetto degli obiettivi di una compagnia di navigazione. Questo “ciclo virtuoso” se applicato su tutti i fronti della “usabilità” di una nave consentirà una migliore e sostenibile integrazione dei marittimi imbarcati e un mirato progetto di formazione continua. Più coinvolgimento degli utenti di una nave (armatori) e di user (seafares) nei progetti di architettura e costruzione navali comporterà in futuro un equilibrio più sicuro tra innovazione e tecnica.

 

Abele Carruezzo