Una importante trasformazione si sta affacciando sullo scenario dello shipping; qualcuno la paragona alla grande rivoluzione messa in atto con l’avvento del container negli anni ’50 del secolo scorso. Stiamo parlando del passaggio ad una propulsione navale alimentata con gas naturale, da stoccare a bordo allo stato liquefatto (GNL). Potrà essere una nuova opportunità tecnologica ed energetica per la “bandiera” italiana sia per i porti che per le navi?
Questa è una domanda che altri Stati membri di una Europa attenta alle tendenze tecnologiche con riflessi economico-marittime si sono già posti, intravedendo un abbattimento dei costi del trasporto marittimo. In Italia siamo ancora ad un punto “zero”: si è solo parlato l’anno scorso delle relazioni che potrà innescare una propulsione navale a GNL sia sul fronte delle navi, cioè della tecnologia e della gestione, e sia sul quello della, più difficile, supply chain cioè della logistica e infrastrutture di approvvigionamento e fornitura di GNL alle navi.
Una fase progettuale in Confitarma ha avuto inizio nello studiare le condizioni regolamentari amministrative e gestionali per una valutazione complessiva della filiera industriale del gas ed investimenti per il medio termine in infrastrutture portuali e navali. Chiariamo subito, che a livello globale, esiste un driver ambientale (prima culturale e poi strategico operativo) sempre più incisivo che ha portato a cambiare le regole ambientali a livello internazionale in sede IMO; norme e convenzioni che si sono tradotte in una progressiva riduzione dei limiti di emissione delle navi sia nelle aree designate (cosiddette Emission Control Areas) e sia a livello globale; infatti, dal 1° gennaio 2020 sarà obbligatorio utilizzare un combustibile marino con tenore di zolfo < 0,5 per cento o adottare sistemi di abbattimento delle emissioni a valle con potenziale di riduzione equivalente.
Le Aree di Controllo delle Emissioni sinora designate dall’IMO nei mari europei sono il Mar Baltico, il Mare del Nord e la Manica, mentre il Mediterraneo è rimasto sinora escluso, anche se per capacità di trasporto marittimo è superiore ad altre zone. Il regolamento approvato dall’IMO è l’annesso VI della Convenzione Marpol, mentre la Commissione Europea è recentemente intervenuta con una nuova direttiva volta a rafforzare tale processo, compatibilmente con le caratteristiche di globalizzazione dello shipping. Il sistema italiano del trasporto marittimo è ad un bivio: occorre una scelta strategica di singoli porti, di compagnie di trasporto marittimo e di fornitori di GNL, valutando prima requisiti tecnici, costi e le opportunità per una scelta politica consapevole e non di campanile.
Occorre fare presto se non si vuole restare fuori dal mercato e giungere in ritardo per attrezzare i porti della nostra penisola. Ricordiamo che uno studio europeo del 2012 ha evidenziato lungo i corridoi Ten-T ed autostrade del mare vari terminal di bunkeraggio
Di GNL per le navi, alcuni già realizzati come in Norvegia ed altri in fase di ultimazione come quelli di Antwerp (Belgio), Rotterdam (Olanda), Brunsbüttel (Germania), Goteborg e Stockholm (Svezia), Turku e Porvoo (Finlandia), Klaipeda (Lituania) e Swinoujscie (Polonia). In Italia, c’è il solo progetto COSTA, avviato nel 2012 e che terminerà a metà 2014, anche questo cofinanziato nell’ambito dei bandi TEN-T, che mira a sviluppare le condizioni quadro per l’utilizzo del GNL da parte delle navi nel Mar Mediterraneo, nell’Oceano Atlantico e nel Mar Nero, i cui risultati dovrebbero andare a integrare quelli del progetto Nord-europeo coordinato dall’amministrazione danese.