Ci proveranno a ripresentare l’emendamento per l’articolo 4 della Legge di Stabilità, per risolvere il problema della Compagnia portuale di Genova, in difficoltà di lavoro, come molte altre di altri porti. La “sinistra” del Governo tutta schierata per difendere questa “storia” di porto; in particolare l’emendamento, a firma dei parlamentari PD Filippi, Caleo e Vattuone, recitava: “all’articolo 17 della legge 28.01.1984, n. 84 dopo il comma 15 è aggiunto il seguente15 bis.
Qualora il soggetto autorizzato alla fornitura di lavoro temporaneo di cui al comma 2 e al comma 5 del presente articolo versi in stato di grave crisi economica, al fine di evitare il rischio di contraccolpi sull’operatività e l’efficienza del porto, l’Autorità Portuale, previa delibera del Comitato Portuale, può imporre, per un periodo massimo di 5 anni e comunque per un periodo non eccedente quello necessario al riequilibrio del soggetto autorizzato alla fornitura di lavoro temporaneo, sovrattasse a carico delle merci imbarcate e sbarcate nel porto. Il getto di detta sovrattassa è attribuito al soggetto autorizzato alla fornitura di lavoro temporaneo per la copertura dei costi generali e di amministrazione, per il finanziamento delle esigenze di formazione dei prestatori di lavoro temporaneo, per misure di incentivazione al pensionamento di dipendenti o soci dell’impresa o agenzia.
Per tutto il periodo di cui il soggetto autorizzato alla fornitura di lavoro temporaneo beneficia delle entrate conseguenti l’applicazione del presente comma, non può procedere ad alcuna assunzione di personale o all’aumento di soci lavoratori. E’ fatto comunque salva la previsione di cui al comma 6 del presente articolo”. Non desideriamo commentare questo emendamento che a dir poco ci spiazza l’orizzonte della rinascita economica di questa nostra Italia; ma riferiamo quello che ha suscitato nel cluster marittimo italiano. Qualcuno ha parlato, in ambienti di Assoporti, di un ritorno ai tempi del monopolio delle Compagnie portuali, o al regime “protetto” dei c.d. dell’articolo 17.
In sostanza, per comprendere bene il problema, e visto che Parlamentari “stellati” forse non se ne sono accorti, si trattava di una applicazione di una addizionale sulle merci imbarcate e/o sbarcate da un porto. La “destra” del Governo avuta contezza del problema è insorta e si prepara per affrontare la riproposizione del “fare bis” alla Camera in seno alla Legge di Stabilità. Ma la nostra Italia vive continuamente le contraddizioni giornaliere: la Segretaria generale della CGL, Camuso, invita i “camalli” a non farsi prendere in giro dal governo Letta; Confetra, con il suo presidente, Nereo Marcucci, attualmente pure consulente della Compagnia portuale di Livorno, pur riconoscendo le difficoltà di tali lavoratori, rimanda alle Autorità portuali la libertà di simili scelte impositive; avvertendo, però, come Confetra, che una scelta del genere aprirebbe la strada a proposte analoghe per il lavoratori degli articoli 16 e 18 della 84/94. Confitarma afferma che un simile emendamento, qualora approvato, relegherebbe la portualità italiana in forte emarginazione rispetto ai concorrenti porti del Mediterraneo, e non solo.
E poi, tutti riconosciamo che è la qualità di un lavoro che può competere e non il salario; basti ricordare quello che accade in altri settori, esclusi naturalmente gli elettricisti e gli uscieri (quelli che spingono la sedia per far accomodare i presidenti di Camera e Senato) del nostro Parlamento. Intanto, sulle banchine del porto di Genova le voci che corrono sono del tipo: “…E’ evidente la necessità urgente di un intervento legislativo, che sia la riproposizione dell’emendamento alla Camera o l’articolo di un ipotetico Decreto del Fare bis, perché altrimenti saremo noi a intervenire per sollecitarlo”.