Non si comprende perché la missione umanitaria italiana è stata denominata “mare nostrum”; e per dirla con la scrittrice italosomala Igiaba Spiego, presidente dell’associazione culturale Incontri di civiltà: nostrum di chi? Ultimamente, il 12 ottobre Enrico Letta aveva annunciato un’operazione militare e umanitaria nel mar Mediterraneo per soccorrere le imbarcazioni cariche di migranti in difficoltà. Il 14 ottobre il ministro dell’interno Angelino Alfano e il ministro della difesa Mario Mauro hanno definito i dettagli dell’operazione e l’hanno chiamata “Mare nostrum”. Sui social network sono scoppiate le polemiche per il nome, che ricorda il passato coloniale italiano in Eritrea, Libia e Somalia.
Per anni abbiamo assistito a promesse di liberalizzazione di questo mare dalle rotte meridiane (sud-nord) della migrazione; fenomeno divenuto più consistente dopo le giornate della “primavera araba”. Abbiamo atteso, per molto tempo, che altri ci liberassero la nostra isola di Lampedusa e le coste della Sicilia, Calabria e Puglia meridionale. Nel frattempo ci siamo comportati da “cristiani” accogliendo tutti e tutto senza alcuna distinzione; mentre la Francia, Spagna e Grecia continuamente hanno operato dei “distinguo”. E si aspettava una Europa sempre più economica, meno politica e soprattutto meno socialmente utile.
Poi si sono avvicendati degli sbarchi con “esodi” portatori di morte: fratelli sono stati gettati in mare da “pirati” senza scrupolo: “vergogna” dell’occidente come ha ricordato Papa Francesco. Dall’ultima tragedia della speranza negata è nata una operazione complessa e delicata che implica più strategie: dall’accoglienza al pattugliamento militare in mare. Dal 18 ottobre sarà impiegata anche la nave anfibia San Marco della Marina Militare italiana di base a Brindisi: “Useremo per la prima volta una nave anfibia che ha la capacità di esercitare il comando e controllo di elicotteri a lungo raggio, capacità ospedaliera e spazi ampi di ricovero per i naufraghi”, ha detto il Ministro della Difesa; spiegando inoltre che “Mare nostrum” sarà un’operazione militare e umanitaria e prevede il rafforzamento del dispositivo di sorveglianza e soccorso in alto mare per incrementare il livello sicurezza delle vite umane”.
L’Italia e gli italiani, pur meritando parole di ringraziamento da parte dell’Organizzazione Internazionale Migranti e dall’ONU, Amnesty International Italia vorrebbe avere la certezza che il Governo italiano non consideri la Libia “porto sicuro”. L’ organizzazione per i diritti umani ha notato con preoccupazione che dal dibattito di questi giorni sono risultati assenti elementi di chiarimento sullo stato della collaborazione tra Italia e Libia e sulle intenzioni di Roma a riguardo. Certo, invece di criticare il nome della missione, dobbiamo rispondere ai tanti perché.
Perché deve essere solo e soltanto l’Italia a garantire accoglienza e solidarietà umana? Perché deve essere solo e soltanto l’Italia a garantire sicurezza alla navigazione lungo queste rotte delicate? Perché deve essere solo e soltanto l’Italia a dispiegare una forza navale militare, anche se per garantire “corridoi” umanitari per immigrati contro “pirati” senza scrupoli? E l’Europa? Iniziamo almeno a chiedere, tutti, compresi gli scandalizzati dal nome “mare nostrum”,una revisione completa del “Regolamento Dublino”, rivedendolo in senso umanitario.
Abele Carruezzo