L’acuirsi della crisi egiziana potrebbe compromettere il processo dei trasporti marittimi di prodotti petroliferi e soprattutto il traffico di container in transito per il Canale di Suez, dall’Asia verso l’Europa. Infatti, proprio in questi giorni si sta parlando di una chiusura temporanea del canale per una questione di sicurezza, e, dall’inizio delle proteste, l’esercito governativo è schierato a controllo di luoghi strategici e sensibili come i porti e le infrastrutture del Canale di Suez.
Il canale resta l’opera civile strategica più importante del Paese, anche se dall’inizio dell’anno mostra una costante flessione dei transiti delle navi, con un calo percentuale del 5,8% rispetto al 2012. Molti assicuratori e analisti dei processi marittimi sono impegnati a valutare costi/ricavi di una tal evenienza che per evitarla si proporrebbe la deviazione su Capo di Buona Speranza. Ultimamente, la tensione in Egitto tra l’esercito, che ha assunto il potere, e i Fratelli Musulmani (ieri è stato arrestato il capo della rivolta musulmana e si paventano gli arresti domiciliari per Mubarak), sta crescendo e le preoccupazioni sono di una guerra civile senza esiti certi per la pace, e con una flessione negativa nei bilanci economici delle compagnie di navigazione. L’alternativa è di doppiare Capo di Buona Speranza e risalire lungo la costa occidentale dell’Africa, rotta che già qualche compagnia di navi portacontainer mantiene per evitare i pirati somali.
Per rispettare la caratteristica dei contenitori di raggiungere i porti nel “ just in time”, le navi dovrebbero aumentare la velocità di crociera, a fronte di un itinerario più lungo, e per ridurre il ritardo rispetto a Suez. Le possibilità di realizzare questo nuovo piano di navigazione, qualora si arrivi a una chiusura temporanea de Canale di Suez, sono reali e meno rilevanti economicamente,vista la precedente esperienza durante la crisi del 2008; infatti, prima della crisi, la velocità di crociera era di 22 nodi con una massima possibile di 24/25 nodi, mentre dal 2008 è stata ridotta a 19/20 nodi.
E’ chiaro che aumentare le velocità di crociera comportano maggiori costi. Da un report recente dello Studio Analisi Drewry si stima, rispetto ai prezzi attuali di carburante, e per una portacontainer media da 13000 teu (twenty equivalent unit), diretta ai porti del Nord Europa, un aumento di 58 dollari usa per teu lungo l’itinerario occidentale e di 222 dollari/teu per il traffico orientale. E comunque si risparmierebbe il costo del transito del Canale di Suez, poiché da gennaio 2013 è aumentato il pedaggio, e soprattutto i costi della pirateria somala (assicurazioni e scorte armate). Dal punto di vista tecnico dei trasporti marittimi, la chiusura del Canale di Suez va a penalizzare proprio i porti del Mediterraneo: le navi circumnavigando l’Africa entrerebbero dallo stretto di Gibilterra per raggiungere i porti mediterranei, in particolare quelli italiani, per cui le rotazioni di approdo (toccate) sarebbero stravolte e ridefinite.
Una tale prospettiva è mal augurante per la nostra “piattaforma logistica” e per i porti del Mediterraneo orientale ma favorevole per i porti più vicini allo stretto come quelli della Tunisia, in particolare Tanger Med.
Abele Carruezzo