L’Italia è stata condannata dalla Corte di giustizia Ue per avere violato le disposizioni comunitarie, in riferimento al recupero degli aiuti di stato di cui hanno beneficiato alcune compagnie marittime operanti con la Sardegna. L’inizio della procedura risale al 5 novembre quando la Commissione ha ricorda alla Repubblica italiana l’obbligo imposto dalla decisione 2008/92 di recuperare l’aiuto dichiarato illegittimo e incompatibile con il mercato comune dalla medesima e di informarla, entro i due mesi dalla notifica di tale decisione, dei provvedimenti adottati per conformarvisi. In base all’aricolo 14 del regolamento n659/1999 è proprio la commissione ad attivarsi nel caso di aiuti dichiarati illegali e di adottare tutte le misure necessarie per recuperare l’aiuto dal beneficiario. Il recupero riguardava gli aiuti concessi alle società Ancora di Venere, Maris-Mari di Sardegna,Navisarda, Romani Augusta, Moby.
Il regime di aiuti in questione prevedeva anticipazioni e locazioni finanziarie a condizioni agevolate a favore di imprese con sede legale, domicilio fiscale e porto di armamento nel territorio della regione Sardegna “conferendo a tali imprese un indebito vantaggio economico rispetto ai loro concorrenti”, spiega Bruxelles. Sulle anticipazioni era praticato un tasso di interesse tra il 3,5 e il 4,5%, “notevolmente inferiore al tasso che le imprese avrebbero ottenuto se avessero contratto prestiti sul mercato”. Al riguardo intervenne anche Joaquin Almunia, all’epoca dei fatti vicepresidente della Commissione e Commissario per la Concorrenza dichiarando “Gli Stati membri hanno numerose possibilità di sostenere le attività commerciali nel rispetto delle norme dell’Ue in materia di aiuti di Stato. Tuttavia, gli aiuti giudicati illegali devono essere recuperati rapidamente per ripristinare condizioni eque e preservare l’efficacia delle stesse norme”.
La Commissione addebitava allo stato italiano di non aver adottato, entro i termini stabiliti, i provvedimenti necessari per sopprimere gli aiuti dichiarati illegittimi e incompatibili con il mercato comune con la decisione 2008/92 e per recuperare i medesimi presso le imprese beneficiarie” inoltre “si sarebbe limitata a dedurre difficoltà di ordine pratico che avrebbero impedito, sino alla data di proposizione del presente ricorso, il recupero di qualsivoglia aiuto concesso ai sensi del regime originario, quali il cambiamento dell’ente amministrativo deputato ad effettuare il recupero o le procedure contenziose iniziate da taluni beneficiari” . La commissione ha chiesto più volte informazioni e chiarimenti ulteriori in merito ai beneficiari degli aiuti illegittimamente erogati e alle modalità di recupero. Ritenendo che la Repubblica italiana non avesse fornito gli elementi di prova idonei a dimostrare che aveva effettivamente eseguito detta decisione, la Commissione ha deciso di proporre il presente ricorso”
La Repubblica italiana rispondeva osservando che la Banca di Credito Sardo, nella sua qualità di soggetto gestore del fondo istituito dal regime di aiuti di cui trattasi, aveva intimato, nel corso del luglio del 2009, la restituzione degli aiuti accordati alle sette imprese beneficiarie di detto regime. E continua affermando che Poiché nessuna di tali imprese aveva restituito le somme, come richiesto dalla Banca di Credito Sardo, le autorità italiane avrebbero avviato le procedure per la restituzione delle somme in questione, inviando apposite ingiunzioni di pagamento nel corso del novembre 2010. Inoltre durante la fase dibattimentale ha tra l’altro evidenziato le differenze tra le varie società armatrici in questione analizzando i casi della Navisarda, dell’Ancora di Venere e Sardegna flotta sarda ritenendo che queste ultime rispondessero alle caratteristiche come soggetti beneficiari degli aiuti su menzionati.
La corte di giustizia EU, mette fine alla disputa tra la commissione e la Repubblica italiana sentenziando quanto segue “Conformemente a una giurisprudenza costante della Corte, la soppressione di un aiuto illegittimo mediante recupero è la logica conseguenza dell’accertamento della sua illegittimità” continua dicendo “Di conseguenza, lo Stato membro destinatario di una decisione che gli impone di recuperare gli aiuti illegittimi è tenuto, ai sensi dell’articolo 288, quarto comma, TFUE (TRATTATO SUL FUNZIONAMENTO DELL’UNIONE EUROPEA) , ad adottare ogni misura idonea ad assicurare l’esecuzione di tale decisione” inoltre “Il recupero deve effettuarsi senza indugio e conformemente alle procedure previste dal diritto nazionale dello Stato membro interessato”.
L’azione esercitata dallo stato italiano per l’attuazione della direttiva deve essere efficace e tempestiva infatti la corte di giustizia motiva aggiungendo che “Lo Stato membro deve giungere ad un effettivo recupero delle somme dovute Un recupero tardivo, successivo ai termini stabiliti, non può soddisfare quanto prescritto dal Trattato” alla luce di quanto detto finora la Corte nella sentenza rileva che i primi atti concreti per effettuare il recupero degli aiuti giudicati illegittimi da Bruxelles sono stati adottati solo nel luglio de 2009 e le ingiunzioni di pagamento sono state emesse solo nel novembre del 2010. Una situazione, osserva la Corte “manifestamente incompatibile” con l’obbligo di effettuare il recupero delle somme percepite dai beneficiari dal regime di aiuti gestito dalla Banca di credito sardo attraverso una apposito fondo.
Giampiero Campagnoli