Brindisi città-porto

Leggendo “le opinioni” di Francesco Di Leverano, dipendente del , riportate su Quotidiano di Brindisi giovedì 28 febbraio 2013, ci preme riportare alcune considerazioni sulla sua “città emozionale” che dovrebbe generare nuove forme urbane per produrre nuovi paesaggi…Molte volte da questo sito dedicato alle problematiche del mare, dei trasporti, della portualità e della logistica ci siamo intrattenuti con articoli su questo argomento.

La declinazione del concetto di “città-porto”, passando prima per Brindisi città d’acqua, di passata memoria, diventa difficile quando si vuole a tutti i costi il prevalere di una istituzione (città) sull’altra (porto). Ed allora se si vuole usare alcune considerazioni di buon senso affinché si possa giungere al più presto ad un nuovo lo scritto del funzionario comunale Di Leverano può essere accettato, risparmiandoci però la lesson ex cattedra di “elementi di trasporto marittimo” senza dimostrare le equazioni economiche e di scala che impongono una compagnia di navigazione a scegliere un porto rispetto ad un altro.

Soprattutto in questa fase storica in cui le “città” stanno attraversando la “crisi epocale” di carattere finanziaria, economica ed occupazionale, e si affannano ad inseguire le tendenze (solo progettuali) per integrare il “porto”. Infatti, tutti sanno parlare e parlano di “logistica”, senza vedere quanto sia difficile usare un mezzo pubblico di trasporto in questa nostra città. Questi signori, (dirigenti del settore urbanistico del Comune con relativi assessori) non sono quelli che tempo addietro si lamentavano del traffico lungo viale Aldo Moro, quando esplodeva di passeggeri che si imbarcavano con auto al seguito sulle quindici navi attraccanti giornalmente nel ? E gli stessi, però,  non volevano la smilitarizzazione della zona ex pol del Seno di Levante, per permettere l’insediamento della odierna questura, unica in Italia ad abbracciare banchina e fronte mare, oltre ad essere intrappolata tra due passaggi al livello. I bravi dirigenti comunali dov’erano?

Ancora oggi qualche politico, per fortuna non più votato, parla senza rendersi conto delle separazioni avvenute in ambito portuale. Si parla di “effetto città” del fronte mare e come alimentarlo; ma si dimentica in quale stato si trovano i quartieri brindisini senza una “relazione” cittadina vitale che abbia senso e derivante da una qualche forma urbana; a meno che, non si abbia nella nostra cloud mentale scritto il solo fronte mare della Porta Grande o della scalinata delle Colonne. Non si comprende, come una piazza del rione di Santa Elia (della città emozionale)  possa essere funzionale alle specificità portuali. Forse è bene iniziare ad integrare i vari quartieri e/o rioni per poter iniziare a parlare di città; non dimentichiamo che un cittadino, residente del quartiere Casale, quando si sposta per mobilità lavorativa e/o per servizi afferma che si sta recando a Brindisi!

Sicuramente a Brindisi negli anni vi è stata separazione tra l’area portuale ed il centro urbano, cosa che è accaduto in altre città-porto, a meno che non si riferisca alla solita Venezia, Amsterdam, Barcellona ed altre sulle cui banchine possono ancora attraccare navi passeggeri e quindi godere della vision della città. Però, non dobbiamo dimenticare che l’autonomia chiesta dall’area portuale dalla urbe per la maggioranza delle città-porto è stata il risultato di un processo del trasporto marittimo sempre in evoluzione a partire dagli ’50 del secolo scorso. A meno che non si voglia far caricare e scaricare una nave porta-container da e per la banchina di Corso Garibaldi. Ed ancora l’autonomia è stata richiesta per problemi inerenti alle normative internazionali circa la security e la safety portuale (vedasi la Solas, Marpol e Port State Controll Code).

Non credo che l’urbanistica abbia sempre avuto un interesse pubblico; basti vedere quello che è successo a Brindisi nei vari anni (Torre dell’Orologio, Teatro Verdi, Porta Lecce, Porta Mesagne e Porta Inferno, Fontana Tancredi ecc.); sul fronte mare poi vi è stata una esigenza di militarizzare vaste aree portuali per la Marina e per l’Aeronautica e che si è estesa per chilometri lungo l’intera costa a nord di Brindisi; oggi con fatica alcune di queste aree restituite all’Amministrazione comunale. Forse la portualità, per i  tecnici di allora compreso Pigonati, (ingegnere di opere marittime, ma che non conosceva l’economia marittima) è una specificità “minore” di univoche forme extra-urbe per sostenere le funzioni mercantili e quindi si soprassedeva.

Il problema della separazione tra città e porto per Brindisi esiste nei fatti: ancora oggi non si ha una idea di città; qualcuno la vuole turistica, altri di servizi e del terziario, altri ancora industriale, chimica e verde; mentre l’idea di porto è sempre stata chiara e le sue forme per generare servizi portuali si sono innescati sul concetto della “polifunzionalità” per le merci e/o per  passeggeri, e per la movimentazione di grandi masse energetiche, almeno per i due bacini del porto, quello medio e quello esterno. Quindi, identità di città da costruire; se poi dovrà essere emozionale è tutta da coniugare; mentre quella di porto, già maturata da secoli, ha avuto corsi diversi; ma solo per sventura di tecnici comunali e di consorzio del porto prima e di Autorità portuale poi, che non conoscendo le trame di questo territorio hanno facilitato il declino del porto per una parte consistente della sua “polifunzionalità”, relegandolo ad una mono-funzionalità durante gli anni: militare prima, poi mercantile, industriale energetica, ro-ro pax per un decennio, passando per quella solo a parole del transhipment e dei container maltesi.

Lo scritto mirava a sensibilizzare chi? Non è dato sapere! Una cosa è certa e la condividiamo: superare il trinomio città-porto-area industriale verso quello di città-porto-logistica a patto che si superi un concetto di consorzio del porto divenuto “Asi” e che oggi non declina più uno sviluppo di forme urbane funzionali al porto; oggi si dovrebbe andare verso un unico organismo: Autorità portuale e della logistica. E comunque è sempre prima il porto a generare forme urbane per una città-porto. Infatti, in quest’ultimi anni, senza aspettare i vari Pug e relazioni dei vari uffici territoriali, nei due seni cittadini di mare, quello di levante e di ponente, le forme relazionali si stanno evolvendo verso le funzioni di una  nautica da diporto e di turismo nautico di massa.

 

Prof.
Direttore scientifico Il