Il “libretto d’imbarco”, rilasciato ai marittimi per navigare, previa iscrizione alla gente di mare presso le varie Autorità Marittime del mondo, fungeva da passaporto a tutti gli effetti e consentiva di scendere a terra, visitando città durante la sosta delle navi nei vari porti per le operazioni di carico/scarico delle merci e/o persone. Oggi non è più così. Nonostante i “principi” chiari e dichiarati dalle varie convenzioni internazionali, molti Stati di regioni marittime frappongono degli iter burocratici a volte complicati, per concedere in anticipo ai marittimi imbarcati i visti per godere del piacere di scendere a terra; a volte detti visti arrivano nell’agenzia marittima raccomandataria della nave quando questa ha già lasciato il porto.
Tutto questo sta creando delle difficoltà alla gente di mare, visto che tutti parlano di e-comunication e di pratiche marittime informatizzate soprattutto negli smart-port. Ancora oggi, dei marittimi non sono in grado di lasciare le loro navi senza “visto” in spazi Schengen dell’Unione europea, nonostante gli sforzi da parte della Commissione per risolvere queste difficoltà; come pure esistono problemi analoghi anche in Brasile, Singapore, Sud Africa ed in molti altri Paesi; le difficoltà aumentano per gli equipaggi delle navi “giramondo” che non hanno la possibilità di richiedere in anticipo il dedicato “visto”, perché sono quasi sempre in navigazione.
La giustificazione ufficiale di molti Stati è sottolineata dalla grave preoccupazione che una emigrazione non controllata possa compromettere la sicurezza delle persone e la difesa territoriale; tutto ciò ne delimita la capacità della gente di mare ad esercitare il diritto di scendere dalla propria nave; diritto che viene sempre più messo in discussione con dei “visti”, oggi anche in Paesi paladini e garanti della “Libertà” come gli Stati Uniti e l’Australia. Il “principio” in diritto per un marittimo a scendere a terra è stato stabilito da tempo; e la capacità ad esercitare tale diritto deriva dalla natura particolare del loro rapporto di lavoro (armatore, nave, bandiera della nave, contratto di lavoro); cioè la gente di mare non dovrebbe essere in possesso di un visto ai fini del congedo a terra come è sancito in varie convenzioni internazionali, tra cui l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) 185 e 108, nonché la stessa Convenzione sulla facilitazione del traffico marittimo internazionale FAL (Facilitation of International Maritime Traffic).
Di tutto questo se sta facendo carico la International Shipping Federation (ISF) che rappresenta a livello mondiale la totalità dei datori del lavoro marittimo; si farà carico di presentare un emendamento alla sub-commissione dell’IMO che si riunirà nel prossimo mese di aprile per revisionare proprio la FAL ; in più sta sensibilizzando gli Stati per agevolare i pass della gente di mare per il congedo a terra, con un approccio più moderno, in linea con i trattati internazionali approvati dai rispettivi Governi. L’ISF ritiene che l’adozione dell’obbligatorietà dei visti per il congedo a terra compromette il principio fondamentale che detti visti per la gente di mare non devono essere richiesti.
L’ISF, in una ultima “ratio”, propone in sede IMO che i Governi dovrebbero convenire, qualora gli Stati di approdo insistessero con obbligatorietà del visto per la discesa a terra, a pratiche adeguate facilitando i marittimi ad essere in grado di richiedere il pass all’arrivo in porto, o pochissime ore prima; in sostanza si propone una nuova “Recommended Practice” da inserire nella convenzione FAL. Per una giusta attenzione riportiamo l’articolo I della FAL e le due definizioni principali: “ I Governi contraenti si impegnano ad adottare, in conformità con le disposizioni della presente Convenzione e il relativo allegato, tutte le misure appropriate per facilitare ed
accelerare il traffico marittimo internazionale e per evitare inutili ritardi alle navi ed a persone e cose a bordo”.
Si definisce “Permesso di sbarco” il permesso per un membro dell’equipaggio per scendere a terra durante la permanenza della nave nel porto dentro specifici limiti geografici o di tempo, se del caso, come può essere deciso dalle autorità pubbliche. Mentre si definisce “ Clandestino” una persona che si nasconde su una nave, o nel carico che viene successivamente caricato sulla nave, senza il consenso del proprietario o del comandante o di qualsiasi altra persona responsabile e che viene rinvenuta a bordo della nave dopo che essa è partita da una porto, o nelle stive mentre si effettua lo scarico nel porto di arrivo, ed è segnalato come clandestino dal comandante alle autorità competenti.
Ed infine, a proposito dei dati informatici, è scritto nella convenzione che per l’introduzione di sistemi per lo scambio elettronico delle informazioni richieste dalle autorità pubbliche per la sosta all’arrivo, e la partenza della nave, delle persone e delle merci per facilitare i processi di accertamento, i governi contraenti incoraggino le autorità pubbliche e le altre parti interessate (armatori, società di gestione, porti marittimi, e / o agenti di carico, ecc,) di adottare per lo scambio di dati la conformità alle norme delle Nazioni Unite, tra cui l’Onu standard Electronic Data Interscambio per l’amministrazione, Commercio e Trasporti (UN / EDIFACT).