Ieri, il Partito Democratico ha dimostrato di conoscere la forza del mare e la sua nave ha “buscato” il navegar! Mentre il professore Monti va adottando amici a quattro zampe, finalmente non si parla solo di processi, di imu, di tasse e di come restituire ai cittadini questi denari; così la segreteria nazionale del PD ha messo al centro della sua campagna elettorale l’economia del mare tanto bistrattata dall’ultimo governo di centro-destra e dai tecnici di Monti.
Un seminario “giusto”, presso il Centro Congressi Roma Eventi, per ascoltare gli operatori della portualità, dello shipping e dei servizi marittimi, fra i quali il presidente di Assoporti, Luigi Merlo ed il presidente di Confitarma, Paolo D’Amico. Economia marittima fra le priorità, viste le 8 mila kilometri di costa italiana, con un dicastero dedicato, ha sottolineato il vice-segretario del Pd, Enrico Letta, visto che oggi proprio il mare con il suo indotto è un fattore dinamico di sviluppo che il nuovo governo non può disconoscere se effettivamente si vuole la crescita, e se si vuole generare lavoro diminuendo la disoccupazione.
Le priorità del “pacchetto mare”sono state illustrate dal responsabile Trasporti del Pd, Matteo Mauri, quali l’autonomia finanziaria ai porti, rimuovendo il tetto di 70 milioni per sostenere i piani di sviluppo dei singoli porti e aumentare gradualmente la percentuale fino al tetto del 3% per le grandi opere portuali. Inoltre, serve una forte semplificazione burocratica, e noi crediamo -ha ribadito Mauri- si debba procedere a tappe forzate verso lo sportello unico portuale, una riforma che non solo è a costo zero, ma può far risparmiare soldi. Infine, l’esenzione dal pagamento delle accise sui carburanti per le macchine che operano all’interno degli scali e il ripristino degli incentivi al trasporto combinato strada-nave (ecobonus), che il Governo Berlusconi ha bloccato.
Ed ancora non bisogna dimenticare l’importanza dell’innovazione nella cantieristica, e poiché i ritardi della logistica e delle infrastrutture costano al sistema delle imprese italiane decine di miliardi all’anno, è necessario recuperare questo gap non solo attraverso gli investimenti di grandi dimensioni, ma anche attraverso le piccole e medie opere. Per rilanciare una politica dei porti e permettere al nostro sistema portuale di esprimere tutte le proprie potenzialità, non servono solo investimenti, non servono solo norme, ma anche una attenzione specifica a tutto il comparto “mare”.