Propeller Club Port of Venice chiede all’Italia nuove strategie diplomatiche e commerciali

“La primavera araba e i problemi del M.O. Quale futuro per i traffici commerciali e crocieristici per i porti adriatici associati al ?” . Questo il tema del meeting  organizzato presso  Venezia terminal Passeggeri dall’International al quale, oltre a numerosi operatori e imprenditori, hanno partecipato i rappresentanti dei Clubs di Ravenna, Monfalcone e Trieste mentre brillava l’assenza dei responsabili degli enti portuali impegnati nel far decollare il “Sistema portuale dell’Alto adriatico” con i porti di Ravenna, Venezia, Trieste, Capodistria e Fiume associati nel NAPA.

I paesi delle sponde sud ed est del Mediterraneo hanno mantenuto, in media, nel 2011, un tasso superiore al 4% con punte fino al 7,6% come è stato per la Turchia. Un trend di crescita questo che dovrebbe continuare anche nell’anno in corso . Si tratta di un mercato di oltre 600 milioni di consumatori che ha registrato un interscambio con i paesi dell’ nel 2011 un incremento del 12% per un valore di circa 320 miliardi di euro. La quota dell’Italia è di 60 miliardi di euro e rispetto al 2010 si è registrato nel 2011 un incremento di quasi l’8%. Tra le regioni italiane ,  la sola Lombardia, con oltre 14 miliardi di euro nel 2011, rappresenta un quarto dell’intero interscambio nazionale .

“Se da una parte ,  siamo di fronte ad uno scenario in costante evoluzione dall’altra,in Europa –  ha esordito aprendo i lavori  il presidente del Port of Venice Massimo Bernardo-  siamo impegnati in progetti comunitari, come le reti TEN ed in particolare il corridoio n.1 , il n. 5 e quello balcanico progettati per riequilibrare quel  flusso di traffici che sempre più interessa l’area mediterranea, quella occidentale ma , ancor più, quella orientale di questo mare nell’ormai necessaria razionalizzazione dei flussi tra il nord ed il sud Europa” .
E’ In questo contesto che  si inserisce anche l’iniziativa transnazionale denominata NAPA che mira alla realizzazione di un vero e proprio range portuale del sud Europa nel quale si inserisce anche il progetto di porto offshsore voluto, non solo dal presidente dell’Autorità Portuale di Venezia che con grande lungimiranza l’ha proposto, ma dalla stessa Unione europea che in parte ne ha finanziato lo studio.

“Allora- ha continuato Bernardo –  viene subito da chiederci quale sarà la nuova geografia  dell’economia e, in particolare in quella del   trasporto nel Mediterraneo  tenendo anche conto della globalizzazione dei mercati , tradizionali ed emergenti che ne condizioneranno lo sviluppo senza dimenticare che, per esempio la Cina ha acquistato   terminal importanti ,   Pireo e Salonicco , quest’ultimo  per gestire i suoi commerci da e per l’Europa balcanica o, per fare un altro esempio la nascita di altri grandi hub nei porti del nord Africa ?
Viene da chiederci se  i nostri porti, ed in particolare quelli adriatici, saranno destinati a ruoli di mero cabotaggio e feederaggio oppure,  se,  in questo nuovo contesto economico, potranno competere ospitando anche navi commerciali o crocieristiche di ultima generazione?

Conseguentemente , visto quanto oramai sta già succedendo nel campo delle cosiddette “economie di scala” sempre più necessarie ed applicate per la crisi economica in atto , quale sarà il futuro di tutti quei “transitari”  come  spedizionieri e agenti marittimi sempre meno coinvolti per il sempre più stretto rapporto tra compagnie di navigazione e terminalisti?

Come  poi superare la “guerra tra poveri”, quella che, come si è recentemente visto in Assoporti, che ha recentemente caratterizzato  i rapporti tra Autorità portuali dei due nostri mari agevolando intese trasversali come avvenuto tra Genova e Ravenna e in tempi passati tra Genova e Trieste  sempre a scapito di Venezia?
Quale poi sarà il ruolo dei porti cosiddetti minori nel sistema alto adriatico, quelli di Monfalcone, Portonogaro, Chioggia e  Portolevante?

Quale sarà, infine, il ruolo  dell’International Propeller Club che rappresenta proprio per le diverse appartenenze imprenditoriali, il vero catalizzatore del mondo dell’impresa nel vasto cluster dell’economia del  trasporto?.
“Proprio da qui – ha concluso Bernardo –  dovrebbe partire lo “start up culturale”, frutto dell’esperienza di chi vive   questa economia ponendosi ogni giorno a confronto diretto su questa nobile,  quanto  complessa frontiera, per dare indicazioni e strategie credibili e possibili per costruire  un sempre più stretto dialogo    tra politica e mondo dell’impresa superando sterili campanilismi, esternazioni autoreferenziali o traguardi irraggiungibili, comportamenti  questi  non in linea  con quanto la nuova globalizzazione impone a cominciare dalla  conoscenza della  cultura e degli indelebili postulati di vita dei nostri interlocutori siano essi libici, egiziani, libanesi, siriani, cinesi o indiani, solo per citarne alcuni.

Questa dovrebbe essere la vera “primavera italiana” :  da una parte un nuovo modo di fare impresa dall’altra l’apertura di una nuova armoniosa percorribile “rotta” per ridare credibilità e successo internazionale  al cosiddetto “Sistema Paese”  probabilmente ancora ignaro di  quale possa essere il ruolo dell’Italia e forse della stessa Europa rispetto a questo grande cambiamento epocale che sta interessando le sponde del Mediterraneo “Il cambio di direzione nella politica estera della  Francia dopo la caduta di Sarkozy, la contrazione delle risorse pubbliche in Europa ed in Italia destinate alle attività di supporto all’internazionalizzazione per le imprese e le cosiddette primavera arabe, con il relativo cambio di interlocutori istituzionali nei Paesi della sponda Sud e le guerre in Medio Oriente – ha replicato il prof. Arduino Paniccia  dell’Istituto Italiano di Studi Strategici e docente all’Università di Trieste – hanno creato, come conseguenza, la “fuga dell’Europa dal Mediterraneo”. Il nostro Paese con le sue imprese di media dimensione, flessibili e altamente specializzate, i suoi porti e la sua importante posizione logistica, ha le potenzialità e la capacità di coprire tutte le necessità e gli aspetti tecnici , industriali di forniture e di formazione necessari per un corretto sviluppo dell’area mediterranea. Ma a fronte di un export italiano verso l’U.E. pari nel 2011 al 60%  dell’intero commercio estero nazionale, che diventa con gli altri Paesi europei non U.E. oltre il 70%, le esportazioni in Africa settentrionale oggi rappresentano un misero 2,9% del totale e quelle verso l’intero continente africano  un modestissimo 1,5% .

“E’ chiaro- ha concluso il relatore- che vi è un’assoluta necessità da parte dell’Italia di invertire questa tendenza. Il dialogo Euro Mediterraneo e l’Unione del Mediterraneo – tutti tesi all’obiettivo di creare un’area comune di libero scambio – sono regrediti o scomparsi. Ma proprio qui deve entrare in scena l’Italia con una nuova strategia diplomatica di supporto e commerciale”.  “Certamente la “Primavera araba “ comporta nel breve periodo una instabilità che crea problemi sia al traffico delle merci che, ancor più , al traffico crocieristico – ha affermato con una sua nota  il presidente dell’International  Propeller Club Umberto Masucci –  ma, a medio termine, sono certo che i Paesi della sponda Sud del Mediterraneo saranno (ma già lo sono) partners importantissimi dell’Italia e i traffici marittimi si svilupperanno con effetti molto positivi anche sui nostri porti .“