In attesa del regolamento interministeriale in merito all’utilizzo di guardie armate, siano esse militari o civili, a bordo delle navi battenti bandiera italiana, oggi l’imbarco è consentito dall’art. 5 del d.l. n. 130 / 2011. Questo articolo non dice e non stabilisce come inquadrare questo personale, armato, nella gerarchia di bordo; non si evincono, leggendo questo decreto, le eventuali responsabilità dell’armatore; ed è per questo che molti consulenti marittimisti consigliano un accordo contrattuale per eventuale imbarco di guardie armate con il Ministero della Difesa, se militari, o con Società di vigilanza se civili.
Questo accordo dovrebbe contenere la posizione d’imbarco ed i vincoli rispetto alle direttive impartite dal Comandante della nave; le regole d’ingaggio che le guardie armate dovranno osservare nel disciplinare l’uso della forza e ci riferiamo ad azioni, tempi e modalità; quali le responsabilità del Ministero, se militari, o della Società di vigilanza privata, se civili, per eventuali illeciti civili e/o penali commessi dalle guardie armate stesse durante l’esercizio delle proprie funzioni. Il problema, nasce quando si imbarcano guardie armate civili perché a tutt’oggi, in Italia, non si conosce chi debba stabilire le regole d’ingaggio; in quanto per i nuclei militari di protezione della Marina (NMP) è il Ministero della Difesa a stabilire dette regole. Molti condividono che il Ministero della Difesa è titolare anche a stabilire regole d’ingaggio per le guardie civili e per qualunque servizio di sicurezza.
Al riguardo, in sede IMO (International Organization Maritime) è stata adottata la circolare MSC 1/ Circ 1405 del 2011 (Maritime Safety Committee) da cui si evince, in particolare, che le guardie armate a bordo delle navi devono, preliminarmente, compiere quanto necessario per evitare l’uso della forza. Qualora si debba far ricorso alla forza, ciò accadrà nel rispetto della legge applicabile e, comunque, in nessun caso l’uso della forza eccederà quanto strettamente necessario e sarà comunque proporzionata all’offesa ed appropriata alla situazione.
L’uso della forza è giustificato solo per esigenze di difesa di personale a fronte di un pericolo imminente per la vita o l’integrità della persona. Ricordiamo qui, comunque, alcune contraddizioni: il capo del team è responsabile dell’uso della forza; le regole d’ingaggio devono essere chiare; gli articoli 1135 e 1136 del Codice della Navigazione (reati per atti di pirateria) affida al comandante della nave la funzione di ufficiale giudiziario; se sono militari imbarcati, dipendenti del Ministero della Difesa sono inseriti nella gerarchia esclusiva del comando militare e pertanto non hanno l’obbligo di osservare le direttive del comandante o dell’armatore. Il contrasto diviene più forte, quando si fa riferimento all’articolo 186 del C.N. il quale sancisce che il comandante della nave esercita la propria autorità su tutte le persone che si trovano a bordo della nave, essendo investito di un potere disciplinare nei confronti sia dell’equipaggio, sia dei passeggeri.
Abele Carruezzo