Costa Concordia: secondo giorno di udienza

Nel secondo giorno di udienza, la perizia sulla ‘scatola nera’ della Concordia potrebbe ‘sbugiardare’ per sempre Francesco su un suo vanto: aver salvato migliaia di persone, come sostiene da mesi, avvicinando la nave in grave avaria al porto del Giglio con una manovra di emergenza eccezionale. Ma davvero dopo aver urtato gli scogli, Schettino fu in grado di manovrare la Concordia – come lui ha sempre sostenuto – o fu solo una rotta seguita dal relitto per inerzia, grazie a correnti e vento dopo il ‘rimbalzo’ sulle rocce a ben 16 nodi marini di velocità? Per l’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone e il collegio di periti, no: non solo l’urto era evitabile (Schettino, dicono i periti, aveva ‘mare e tempo per cambiare rotta’), ma la manovra di emergenza fu fortuita, frutto del caso e della fortuna, del vento e delle correnti, quindi non ci fu merito di Schettino.

Le sale macchine erano in avaria e i timoni si bloccarono, Schettino non poteva fare nulla: Cavo Dragone l’ha ribadito stamani, rafforzando l’analisi già presente nella perizia, in risposta al gip Valeria Montesarchio.

Il gip, quando è stato il suo turno, ha chiesto chiarimenti, pochi e, non a caso, incentrati su punti precisi come questo della manovra dopo l’urto. Addirittura i periti sostengono che “mettere la barra tutta a dritta” dopo l’urto, come fece Schettino, “lascia pensare che il comandante volesse allontanarsi dall’isola e non, come da lui dichiarato, rimanere sottocosta, sfruttando l’azione del vento per far andare la nave verso il punto d’incaglio”. Schettino, rilevano ancora i periti, “non può affermare di aver manovrato prevedendo gli effetti del vento” e “aver messo tutta la barra a dritta avrebbe potuto anche comportare che la nave dirigesse al largo” dove ci sono fondali alti.

Ma i difensori non ci stanno. “Più volte Schettino ha dichiarato che voleva portare la nave là, al Giglio, e la nave si trova là dove diceva – ha detto l’avvocato Bruno Leporatti – Non funzionavano né la propulsione né i motori ma c’era un’azione del vento (maestrale, ndr)” e “il comandante ha fatto la manovra che diceva”. Una manovra, per Leporatti, con cui Schettino “indirizzò la nave verso il Giglio consentendo a 4.200 persone di essere evacuate, in gran parte con mezzi propri della Concordia”. Durante l’udienza un altro difensore di Schettino, l’avvocato Francesco Pepe, è uscito dall’aula-teatro e ha detto: “Sicuramente la manovra del comandante Schettino non è stata casuale.

Lui, finché poté ancora usare i timoni, impostò la manovra tenendo conto delle correnti e del vento: i timoni si sono bloccati solo dopo l’ultimo ordine dato da Schettino, il ‘tutto a dritta’”. Doccia fredda in serata: il procuratore capo Francesco Verusio al Tg1 ha detto che l’avvicinamento al porto del Giglio fu dovuto alle correnti e al vento e non certo all’ abilità di Schettino. L’udienza – durante la quale Schettino, in abito grigio, ha preso continuamente appunti – è partita da un esame accurato dei periti del gip sulla falla causata dall’impatto contro gli scogli: uno squarcio di decine di metri sul lato sinistro della nave che imbarcò acqua causando un’avaria irrecuperabile, ricostruito in modo tridimensionale. E tre minuti dopo l’impatto, dicono i periti, Schettino “ha certezza di avere una falla a bordo, con una cospicua entrata d’acqua”.

Dalla relazione emerge anche che sei minuti dopo l’impatto, dunque alle 21.51, Schettino già sa perfettamente di aver preso uno scoglio, di non avere i motori e di non poter governare il timone, di stare imbarcando una gran quantità d’acqua e di avere il quadro elettrico generale allagato. Oggi, dopo i periti del gip – che avrebbero alleggerito la posizione di un indagato, Salvatore Ursino, riconoscendo che non era ufficiale di guardia al momento dell’incidente, – ha esordito nell’incidente probatorio anche la procura.

I pm hanno mostrato un breve filmato animato, poi allegato agli atti, con la ricostruzione dell’incidente e hanno ribattuto per la seconda volta dopo ieri, confortati da un’ordinanza bis di rigetto del gip, la richiesta di Leporatti di coinvolgere nel processo il timoniere che capì male l’ordine di virata dato da Schettino. Capitolo a parte l’esame degli apparati di bordo: l’avvocato Leporatti ha messo l’accento sull’avaria che subì il generatore di emergenza, posto sulla sommità della nave, che non funzionò da subito.