Ormai se ne parla da tempo; per il ministro Corrado Passera il “Piano degli aeroporti” è uno strumento tecnico- politico per risparmiare sulla spesa pubblica e soprattutto per ridimensionare il numero degli aeroporti in Italia. Giorni addietro, abbiamo scritto che quando un aeroporto cresce in rapporto al traffico passeggeri e/o merci bisogna ridimensionarlo e se possibile eliminarlo, in nome di quel “libero mercato” che il governo dei tecnici ci prospettano continuamente. Per tutta sincerità, ci preme riportare il decreto di esercizio relativo all’aeroporto di Brindisi, detto del Salento.
Il decreto interministeriale (Ministro di Difesa, delle Infrastrutture e dei Trasporti, dell’Economia e Finanze) è stato firmato il primo ottobre del 2008; con tale decreto l’aeroporto “Antonio Papola” di Brindisi assume lo “stato giuridico di aeroporto civile appartenente allo Stato e aperto al traffico civile”. Il decreto, visto e firmato dalla Corte dei Conti, sancisce, inoltre, il passaggio dei beni del demanio militare aeronautico dell’aeroporto di Brindisi (a cominciare dalle piste), non piu’ funzionali ai fini militari, al demanio aeronautico civile in quanto strumentali all’attività’ del trasporto aereo civile.
Contestualmente tali beni sono assegnati in uso gratuito all’ENAC, che potrà procedere, a sua volta, alla prevista concessione alla Societa’ di Gestione Aeroportuale (Aeroporti di Puglia Spa) per la parte di competenza, nonché ad ENAV per i Servizi di Assistenza Volo e Controllo del Traffico Aereo. Così, dopo una lunga vicenda iniziata con il Protocollo d’Intesa del 14/10/2004, sottoscritto tra i Ministeri Difesa, Economia, Trasporti, ENAC ed ENAV, l’aeroporto di Brindisi cambia il suo stato giuridico da militare a civile. Naturalmente è da sottolineare che sia le piste che la torre di controllo, essendo strumentale ai voli, passano al demanio aeronautico civile.
Non è dato conoscere ulteriori passi burocratici da parte della Regione Puglia e le varie Amministrazioni interessate per ottemperare all’applicazione completa del decreto. Però la notizia delle difficoltà che l’aeroporto di Brindisi attraversava per essere del tutto “civile” è dell’aprile 2012 (Comune di Brindisi commissariato): “L’aeroporto di Brindisi se non adempie ad alcune prescrizioni tecniche (torre di controllo), rischia di chiudere”; naturalmente in accordo con il “Piano di sicurezza ENAC” per Brindisi, già noto agli amministratori locali? Intanto, non solo AirOne abbandona Brindisi, ma si prevede anche un riposizionamento di Ryanair tra gli aeroporti meridionali.
Anche in questo campo le lotte sono oscure: Ryanair dando lavoro a cittadini italiani, con contratto irlandese, non versa i contributi all’Inps ed Inail; il sottosegretario ai Trasporti Improta cerca di capire e di rivedere il regime fiscale in relazione ai contratti di lavoro applicati dalle compagnie low cost in generale. Ryanair risponde con un piano quadriennale (2013-2016) di espansione dell’occupazione diretta ed indiretta e va confronto con il Governo Monti, promettendo più economia per i territori aeroportuali e più occupazione. (Come ha fatto Marchionne per Fiat e Riva per Ilva). Ryanair prevede di aumentare le sue basi in Italia servendo tre nuovi aeroporti (Comiso, Salerno e Catania e, poi, forse Reggio Calabria e poi forse Foggia).
In cambio si parla di sconti delle tariffe aeroportuali e più “sicurezza”. In queste diatribe si innesta una competizione tutta pugliese: l’Aeronautica militare lascia Brindisi e non vuole più gestire il traffico aereo (torre di controllo); però non lascia l’aeroporto di Amendola, Foggia, che potrebbe essere veramente volano di sviluppo turistico e religioso per il territorio dauno e non solo. Ed i “politici” che fanno? Scrivono al Ministro Passera, tecnico che ha già deciso, come è già successo per le infrastrutture portuali di Taranto e di Brindisi. Forse è tempo di comprendere e contrastare questa “non-politica” che fa “politica”.
Abele Carruezzo