Cassa Depositi e Prestiti: pubblicato studio sulla portualità italiana

Prestare attenzione al sistema portuale italiano è un “must” ricorrente fra università, banche, istituti di rating ed altro, al punto che un osservatore distratto dovrebbe vedere incrementare la portualità italiana in tutti i settori della produzione della mobilità e del trasporto marittimo in particolare; così non è! Anzi si sta attraversando un periodo di crisi “unico” e soprattutto complesso. La portualità e la logistica formano un settore strategico per l’economia del Paese in ragione, sia del contributo diretto alla formazione del PIL (stimato pari al 2,6%), sia del ruolo determinante che riveste per la competitività del sistema industriale.

Con questa introduzione, la Cassa   ha presentato il primo studio di settore (iniziativa editoriale nuova) del sistema portuale-logistico dell’Italia, enunciando delle linee guida per investire in questo comparto. Le key-word sono specificate lungo l’intero studio: “portualità” per evidenziare le relazioni tra tessuto industriale ed economia del Paese; “competitività” per collocare il nostro sistema portuale nei mercati del Nord Africa e dell’East Med in relazione con i grandi ; “” portuale per sottolineare il determinante ed il differenziale rispetto ai sistemi portuali europei; “logistica” con le diverse tipologie di infrastrutture presenti sul territorio ed il potenziale logistico nella performance italiana rispetto ad altri Paesi; “new lines” come guida-strategie  per rilanciare l’intero settore.

Inoltre, lo studio contiene alcuni approfondimenti relativi al mercato del trasporto marittimo di merci, al sistema portuale italiano nell’ambito della rete TEN-T e ai più recenti interventi normativi di interesse per il settore.  Cassa Depositi e Prestiti (CDP) è una società per azioni a controllo pubblico: il Ministero dell’Economia e delle Finanze detiene il 70% del capitale, il restante 30% è posseduto da un nutrito gruppo di Fondazioni di origine bancaria. Nasce a Torino, nel 1850 con la funzione di ricevere depositi quale luogo di “fede pubblica”; da sempre  leader nel finanziamento degli investimenti della Pubblica Amministrazione e dal 2003 la Cassa diviene società per azioni.

Ad una attenta lettura dello studio, non sfugge il postulato della CDP che per rilanciare la portualità italiana non serve costruire terminal in ogni porto italiano, ma occorre una visione sistemica per regioni portuali, valorizzando le specializzazioni dei singoli scali. E visto che si accorpano le Provincie perché non accorpare le Autorità portuali? Infatti, nel capitolo dedicato alle “Prospettive e criticità del sistema portuale-logistico italiano” si propone che per aumentare la “capacità” portuale dell’intero sistema nazionale occorre più coordinamento negli interventi sostenuti dai vari sistemi regionali e non avere, per tutti gli scali, gli stessi Piani Operativi Triennali, in cui si propongono  infrastrutture senza una minima garanzia di mobilità merceologica.

Sostanzialmente, la società CDP afferma che non vi saranno più finanziamenti senza una valutazione di piano strategico sia a livello industriale e della sostenibilità di singolo scalo rispetto al sistema portuale nazionale. Speriamo che questi criteri siano validi per tutti gli scali e non solo per quelli meridionali. Più volte, abbiamo sostenuto che i porti dell’Italia meridionale hanno un “credit” superiore rispetto a quelli settentrionali se si guarda alla nuova economia marittima mediterranea e del Nord Africa, visto che il tempo delle “repubbliche” di mare è finito per tutti.

Quello che non si comprende nello studio di settore della Cassa Depositi e Prestiti è  la “matrice” di valutazione per stabilire quali porti vanno finanziati per realizzare dighe foranee o dragare i fondali. Gestire i fondi pubblici è un dovere da parte della Cassa Depositi e Prestiti, ma lasciare alcuni porti nel ritorno alla palude è un diritto negato!

 

Abele Carruezzo