Sabina ed io abbiamo rappresentato Homerus, riscontrando fin dal primo giorno, un calore e un entusiasmo davvero straordinario, da parte delle persone che abbiamo incontrato, per qualcosa che nel pensiero comune risulta difficile da credere…che una persona non vedente, possa portare in totale autonomia, un mezzo come la barca a vela.
Noi eravamo proprio li, per dimostrare questo…che le barriere, in realtà non sono fisiche, ma bensi mentali, e spesso risiedono negli occhi di chi guarda. Partirò ringraziando, prima di tutto, Valeria che con la sua società, di nome Wave trotter, ha reso possibile la nostra partecipazione al salone, presentandoci le autorità locali, organizzandoci interviste televisive e radiofoniche con la stampa, facendo una notevole propaganda al progetto Homerus e ai velisti non vedenti.
E’ per questo suo impegno, per questo suo credere in noi, che sento di doverla ringraziare di cuore. La seconda persona che vorrei ringraziare è la Sabi, che mi ha accompagnato in quest’avventura, e che con la sua parlantina, e i suoi modi, riuscirebbe a vendere un bicchiere di sabbia, nel deserto, a una persona che sta morendo di sete. Abbiamo aperto le danze partecipando alla conferenza stampa, dell’inaugurazione del salone, entrando subito nel caldo dell’evento, che vi assicuro non era dovuto solo all’accoglienza, visto che ci saranno stati almeno una trentina di gradi in quella stanza.
Subito dopo la conferenza abbiamo avuto modo d’incontrare diversi personaggi di spicco, tra cui l’amiraglio della Lega Navale di Otranto, Franco Di Paola, a cui abbiamo donato un libro autografato da Gaoso,e poi anche Andrea Ritucci, che a sua volta aveva già incontrato Egidio e Berti, che stanno compiendo il giro d’Italia in barca a Vela sulla Dolce Vita, e che vuole assolutamente organizare, insieme alla lega navale, un prossimo matchrace Homerus a Otranto. La giornata è proseguito con vari incontri, con la stampa locale, televisiva e radiofonica, dove abbiamo parlato ampiamente del progetto Homerus, e di come fanno le persone non vedenti a portare in autonomia una barca a vela.
Mi viene da sorridere quando ripenso alle riflessioni del tenente Capone della guardia di finanza e del comandante della motovedetta Perissineo, che in una discussione fatta durante una visita sulla loro imbarcazione, mi disse…Io sono uomo di mare, ho sempre vissuto in mare e ne ho molto rispetto, ma non riesco a immaginare come sia possibile affrontarlo senza vedere. Gli dissi che ci sono molti modi per vedere, e altretanti modi per affrontare le situazioni che si presentano…alla fine è solo una questione di metodo.
Proprio dopo la visita alla guardia di finanza, ho avuto una delle più belle e gratificanti esperienze, che ho fatto durante il salone. E’ venuto a trovarci una delegazione dell’Unione Ciechi di Lecce, che voleva toccare con mano, la possibilità di governare una barca a vela in totale autonomia. La delegazione era formata da 8 persone, di cui 6 non vedenti e due accompagnatori. Erano tutti molto entusiasti di provare un’esperienza del genere, a cui tutti, nessun escluso, si è sottratto. Allora…tutti a bordo!
La nostra imbarcazione era un Trident…e già…proprio un Trident…per 7 persone…potete immaginare che aventura sia stato starci tutti li a bordo. Fabio (lo skipper) mi passa subito il timone, e voilà! Mi ritrovo nel vento con 6 coraggiosi e intrepiti velisti (futuro velisti) che si sono subito misurati con 8/10 nodi di vento e mare piatto. Dopo qualche minuto di navigazione, passo il timone a Vincenzo, uno dei più entusiasti dei ragazzi, che viene subito denominato dalla Sabi (Pelosone) per la sua somiglianza con il nostro caro Diego, che di certo non se lo è fatto dire due volte, afferrando subito il timone, e io mi ritrovo all’istante nei panni dell’istruttore.
A questo punto mi vengono in mente tutti i messaggi di Zinnato…3 anni di duro lavoro, ed eccoli, finalmente i primi istruttori non vedenti al mondo…Ma vuoi vedere che aveva ragione. Mi sono ritrovato a dare spiegazioni e fare correzioni, nelle varie manovre che abbiamo fatto, e uno dopo l’altro hanno voluto provarci tutti. Fabio, lo skipper, si è rassegnato, mettendosi da parte, lasciandoci il totale governo dell’imbarcazione. Per diverso tempo c’eravamo solo noi, il vento, e il mare, ma poi a un certo punto, dalla prua che era rimasta in silenzio fino a quel momento, si leva una voce che dice…per la Grecia mancano poche ore…Forse ci eravamo allontanati un pò troppo?
Con un pò di dispiacere iniziamo il rientro alla base. Una volta a terra l’intusiasmo dei ragazzi era ancora palpabile, come lo era quello delle persone che ci hanno osservati andare a vela con così tanta disinvoltura, fino a far scendere qualche lacrimuccia da qualcuno che ci guardava con meraviglia. Ho strappato, senza tanta fatica dai ragazzi, la promessa che avrebbero proseguìto, facendo presto un corso Homerus. L’unica osservazione che mi hanno riferito questi futuri velisti era la seguente…se noi ora faciamo il corso di vela con voi, dopo come faremmo a continuare la nostra esperienza qui? Ho risposto che dipendeva solo da loro, il desiderio di proseguire in quest’avventura. Noi possiamo dare il supporto, possiamo creare una base, ma poi dipende dalla volontà del singolo individuo di prosseguire.
A tal proposito mi è stato referito dalla guardia di finanza, che in diversi porti d’Italia, tra cui Otranto, ci sono diverse imbarcazioni, che vengono sequestrate e vengono tenute per 6 mesi in custodia. Successivamente, queste imbarcazioni, trascorso i 6 mesi, possono essere assegnate, a titolo gratuito, alle Onlus che ne fanno richiesta. Sono venuto a sapere che la sola Otranto ne ha a disposizione una decina di queste barche a vela, di diverse dimensioni, tra i 9 e i 16 metri, che però sono li a mollo senza che nessuno le reclami. Come Otranto, credo ce ne sono diverse di queste possibilità, e trovo che sia un peccato non approffittarne, sopratutto visto che sono assolutamente gratis!
L’unico obbligo che avrebbero le Onlus è quello della manutenzione e del mantenimento. Alla fine di questa giornata siamo usciti con un imbarcazione che si chiama Paper8, e che io ho ribattezzato Ikea, visto che è la prima imbarcazione, che mi è capitato di vedere, assolutamente componibile. Alle assembianze di un Dinghi Australiano, ma senza Joystick, ma con il timone a barra. Ha randa e fiocco e si compone con una serie d’incastri, proprio come un mobile Ikea.
La sua lunghezza è di 3.05 metri e a un peso di soli 52 kg, praticamente si mette in valigia! Siamo usciti insieme a Francesca di 14 anni, la figlia del costruttore, ed era la prima volta che lei usciva in barca con una persona non vedente. Il giorno successivo, il padre ci viene incontro per ringraziarci della bellissima esperienza che abbiamo trasmesso alla figlia, che non finiva di ringraziarci per essere stati insieme quel pommeriggio. Nei giorni successivi io e la Sabi, ci siamo prodigati a dare informazioni sulle attività dell’associazione, sulle varie possibilità che questo dava alle persone prive della vista, e abbiamo cercato di diffondere, anche nei giovani che erano lì.
La visione che l’handicap non può e non deve l’imitare la vita, ma che anzi, la può arrichire. Homerus ha dimostrato in questi 16 anni di attività, che il portare la barca a vela in autonomia è possibile, anche senza l’uso della vista, usando semplicemente tutto il corpo per percepire ciò che la vista non può trasmetterci. Infatti, quello che risponderei, se mi dovesse venire posta la domanda…quale differenza c’è tra un velista vedente e uno non vedente?
Io gli risponderei che il velista vedente usa gli occhi per navigare, mentre il non vedente usa tutto il corpo per farlo. Ebbene, questo ci ha insegnato Homerus in questi anni…per governare la barca a vela, basta vedere col corpo. Poi non abbiamo bisogno d’altro, se non della sola volontà, e a volte, di un pizzico di follia, che non guasta. Probabilmente è la stessa follia che hanno imputato a Gaoso le prime volte che illustrava il suo progetto, di far andare i ciechi a vela da soli. Ma lui ha dimostrato in maniera incontrovertibile che governare la barca senza vederci è possibile…ora tocca a noi far vedere agli altri che in barca ci siamo, e non solo una volta o 2 all’anno ma ogni volta che ci è possibile. Userò un proverbio chela mia cara Sabi usa spesso…Il sole che ti vede, ti scalda.
Questo per dire che più andiamo in barca, più veniamo visti, più veniamo visti e più la gente ci conosce, apprezzando quello che sappiamo fare. Terminato il Salone Nautico di Brindisi, ci siamo recati a Napoli, per motivi personali, e chi vi troviamo? La Dolce Vita completa di Egidio e Berti, che erano li per compiere l’enesima tappa del loro giro d’Italia. Visto l’occasione ghiotta di poter trascorrere un po’ di tempo con loro, soprattutto a tavola, abbiamo deciso di fermarci a cena insieme. Avevano appena concluso una regata, la Vela Longa di Napoli, insieme ad altri che avevano fatto equipaggio con loro.
Quando siamo arrivati alla barca, ormeggiata al porto di Napoli, erano già tutti li insieme, in assetto da combattimento, con forchetta e coltello in mano. Siamo rimasti amabilmente a chiaccherare tutta la serata con i ragazzi, che erano entusiasti di aver fatto equipaggio con Egi e Berti,mentre il vino e il wisky scorrevano allegramente. Una delle frasi che mi rimase più impresso della serata, fu quella detta da Nicolò che diceva…sono venuto qui per provare a partecipare a una regata, e invece mi si è aperto un mondo. Una frase che riassume tutto quello che spesso non si riesce a spiegare, se non si vive sulla propria pelle queste esperienze. E’ con questo augurio che chiudo questo racconto, che i velisti che hanno appreso questo metodo ne faccino sempre più uso, veleggiando verso orizonti sempre nuovi e avvincenti.
Buon vento a tutti.
Antony Bersani