Si è svolto stasera, nella Biblioteca provinciale di Brindisi, il convegno organizzato da Idv sulle potenzialità dello scalo portuale. “ Brindisi ha tutte le potenzialità per creare sviluppo economico e occupazionale – ha detto il coordinatore provinciale Lorenzo Caliolo –.
Si tratta anzitutto di utilizzare e integrare al meglio le tre grandi infrastrutture di cui dispone la Città adriatica: porto, aeroporto, e ferrovia. Brindisi può rialzarsi. Il porto potrà riprendere a vivere. Preziose risorse possiede, infatti, Brindisi, ma allo stato esse sono compromesse, scarsamente integrate e utilizzate”.
Per analizzare queste potenzialità nel panorama Euro Mediterraneo è intervenuto il professor Abele Carruezzo, direttore scientifico de Il Nautilus, del quale riportiamo la relazione.
1. Nel ringraziare la presidenza del Convegno, le Autorità politiche presenti, intendo porre alla vostra attenzione alcuni aspetti-considerazioni: si può parlare di porto e di portualità dal punto di vista delle infrastrutture; da parte delle compagnie di navigazione e quindi di navi e di marittimi; da parte degli operatori portuali che producono servizi al porto – alle navi – alle merci; si può parlare del porto dal punto di vista economico/marittimo relativamente alle merci ed al mercato. Tutti gli approcci sono validi; ma tutti hanno dimensione/visione/obiettivi diversi.
2. Oggi, occorre sottolineare che si rendono necessarie alcune “dimensioni” importanti per poter declinare lo sviluppo di un porto.
DIMENSIONE ECOLOGICA Che tutela delle capacità ambientali e portuali.
DIMENSIONE ECONOMICA Per assicurare una crescita duratura di tutto il territorio e della regione marittima.
DIMENSIONE SOCIALE Che mira ad una EQUA ripartizione delle condizioni di benessere.
3. POLITICA E’ compito della “politica” garantire il rispetto delle relazioni tra ECOLOGIA – EQUITA’ – ECONOMIA.
TECNOLOGICA Sostenibilità legata alle dinamiche del progresso tecnico-scientifico.
4. La comunicazione che pongo alla vostra attenzione ha il compito di evidenziare lo scenario “MUTEVOLE” che si è venuto a creare nel Mediterraneo in quest’ultimo periodo (dal 2008 ad oggi) di “CRISI” finanziaria prima, economica ed occupazionale poi, soprattutto dopo la “PRIMAVERA ARABA”. Il Mar Mediterraneo rappresenta il principale sistema delle rotte di trasporto di merci che collega l’oriente all’occidente. Il 30% del commercio marittimo passa per il Mediterraneo
5. Il mercato dei trasporti marittimi, dei noli, delle navi, delle rotte, delle merci e/o passeggeri sta imponendo a tutto il cluster dello shipping delle “forti velocità di cambiamento”. Anzi possiamo dire che lo scenario marittimo ha iniziato, da qualche anno, a descrivere un “nuovo mediterraneo”. Sfuggire a queste considerazioni significa una caduta di interesse di una “città di mare” e per il suo porto. Oggi è importante chiedersi: “Chi costituisce “porto” in maniera da creare “portualità”? Riconoscere oggi una Autorità Portuale significa riconoscere un porto e di conseguenza una città. Ed allora, studiare i flussi delle merci e/o passeggeri del traffico marittimo euro-mediterraneo, significa ri-dare “valore marittimo” ad un porto ed avere il coraggio di decidere sul “non senso marittimo” di alcune infrastrutture per una portualità superata dall’evoluzione passata, e guardare i cambiamenti in atto, in chiave logistica.
6. Il traffico marittimo rappresenta oggi una parte importante nell’economia dei Paesi dell’area mediterranea. La maggior parte del commercio estero di questi Paesi avviene infatti per via marittima ed, in termini di volume, il trasporto marittimo è la modalità dominante nello scambio di merci tra l’area mediterranea e l’Unione Europea, al punto che il 74% circa sul totale degli scambi in un anno si svolge nel Mediterraneo. L’Unione Europea è infatti il maggiore partner commerciale marittimo per diversi Paesi mediterranei, soprattutto nella regione del Maghreb. In termini percentuali: il trasporto marittimo con l’Unione Europea rappresenta circa il 60% del totale dell’Algeria, 54% per il porto di Limassol (Cipro), 43% per il Libano con un costante aumento; e la rapida crescita del trasporto commerciale marittimo ha riguardato negli ultimi anni, Malta (+16%) e Turchia (+11%) ed in termini di tonnellate merci, Algeria (100 milioni), Egitto (55 milioni) e Marocco (53 milioni).
7. L’area mediterranea, in termini di portualità comprende , senza contare l’Europa, 58 grandi porti commerciali, 17 in Turchia, 8 in Algeria, 8 in Marocco ed uno ciascuno in Libano e Giordania. I tre porti maggiori in termini di tonnellaggio sono Bethioua (Algeria), Izmir (Turchia) ed Alessandria (Egitto).
8. Da sempre, le città di mare e le regioni costiere hanno tratto vantaggi dallo sviluppo dei loro porti. Però l’evoluzione dei sistemi industriali, e la transizione da un sistema di trasporto che ha visto la intermodalità, come funzione principale, al sistema per l’integrazione, sia nella produzione e nella catena di distribuzione, ha influenzato le modalità organizzative di una regione marittima, passando da una CONCEZIONE RISTRETTA (le regioni bagnate dal mare mediterraneo con i suoi porti e porticcioli) ad una CONCEZIONE ALLARGATA (le aree di influenza con territori e regioni) ed i cambiamenti hanno interessato anche il concetto di porto. Questa evoluzione nel ruolo di un porto e nelle sue peculiari funzioni, hanno costretto a cambiare gli obiettivi e le caratteristiche del porto stesso, variandone la sua mission e la propria vision.
15. Quando si parla di “porto” sappiamo che non ci riferiamo ad una sola entità, ma a molte industrie ed imprese ad esso collegate. Dagli spedizionieri marittimi, aerei e ferro-strada, ad operatori che vanno dal magazzino ai terminal, ai riparatori e riclassificatori di container, fino ai fruitori di bordo nave-banchine, ai banchieri e avvocati. Insomma, porto non vuol dire solo infrastrutture, ma insiemi di interessi “legati al porto” che vanno dalla merce alla nave, ai cantieri ed altro.
La legge n. 84/1994 ha dato ai porti, con gli strumenti urbanistici, una nuova prospettiva: questi non si pongono più come insieme di opere marittime e infrastrutturali, ma vanno intesi come sistemi complessi di processo dello sviluppo di un territorio. Da qui la necessità di disporre di spazi flessibili, da riorganizzare rapidamente, trasformando aree portuali in un tempo breve rispetto a quelle urbane. Il futuro (domani e non fra trenta anni) di un porto, oggi, si gioca in una tensione continua tra mantenimento di un sistema statale di amministrazione dello scalo ( è lo stato che lo vuole), e la devoluzione di una serie di funzioni agli enti locali, Regioni e Comuni, che, in base al principio di sussidiarietà, sarebbero i gestori ottimali delle infrastrutture di un porto.
Quindi il “NUOVO MEDITERRANEO” chiede un sistema dei trasporti avanzato che renda flessibile tutte le modalità, compresa quella aerea, integrazione “meridiana” dei flussi commerciali ed in chiave “logistica”. Il Nuovo Mediterraneo ha una nuova “vision”: territorio con le sue eccellenze, culturali e paesaggistiche e posizione geografica costituisce il “capitale”. Città come trasformatore, diffusore, di energie in una logica di EQUITA’ TERRITORIALE.
19. 20. Giusto per ricordare, i “porti della prima generazione” (fino al 1960), svolgevano un ruolo semplice di collegamento tra mare ed i sistemi di trasporto di terra; le principali attività erano l’assistenza alla navigazione, la movimentazione e lo stoccaggio delle merci; funzioni di carico, si pensava solo ad investire in infrastrutture, tralasciando l’innovazione in atto nel processo del trasporto marittimo.
22. Dal 1960 al 1980 la seconda generazione: attività di imballaggio, etichettatura e distribuzione fisica delle merci. Si installarono varie imprese nell’hinterland portuale per queste attività. Provider marittimi, spedizionieri e caricatori , strategicamente uniti, iniziarono a pensare al rispetto del “cliente” per contratti brevi e riservando un atteggiamento passivo per i contratti a lungo termine.
23. Porti della 3a generazione dal 1980: trasporto container accelera le funzioni principali di un porto, in chiave intermodale, attività di produzione di merci e del relativo trasporto marittimo fanno parte di un sistema connesso a rete internazionale, si affermano le attività di servizi di logistica e distribuzione, si impongono gli impianti di protezione ambientale, per cui i porti fanno sempre più “sistema”. Rispetto al passato, le autorità portuali di oggi si stanno concentrando su “efficienza”, piuttosto che di efficacia.
24. La “logistica” porta al nuovo concetto di porto.
25. Da porto come gateway all’idea di “fermare la merce nel porto”, modificando la funzione del terminal, aumentando il “dwell time” – tempo di permanenza delle merci “lavoro portuale”: lavoro portuale connesso alla nave e lavoro portuale connesso alle attività logistiche.
26. Porto della 3a generazione con volume merceologico posizione geografica (senza barriere) infrastrutture logistiche, fondali adeguati per le grandi navi, fattore ambientale per consentire risparmio energetico, una maggiore velocità di trasferimento delle merci.
28. 29. Alla fine: in questa ottica assume grande importanza per i porti la disponibilità di spazi retroportuali. A ciò si associa il concetto di accessibilità, vale a dire la capacità di un porto di entrare in connessione con il territorio o, in base alla definizione generale, “la facilità con cui le attività possono essere raggiunte da una data località utilizzando un particolare sistema di trasporto”.
Una distinzione da fare è quella tra “accessibilità relativa” e “accessibilità integrale”. La prima descrive la relazione o il grado di connessione tra due nodi qualsiasi in un sistema del trasporto (es.: porto marittimo ed un luogo centrale), mentre la seconda riguarda la relazione o il grado di interconnessione tra un dato nodo (porto) e tutti gli altri nodi nell’ambito di un network: quest’ultima consente di determinare la completa accessibilità di un porto.
Abele Carruezzo
Foto: Simone Rella
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Il PORTO di BRINDISI nel traffico euro-mediterraneo