Si desiderava una visione non “olistica” della crisi della Somalia; invece abbiamo assistito alla passerella dei proclami e delle analisi autoreferenziali dei vari ministri dei 40 governi che hanno partecipato alla Conferenza Internazionale sulla Somalia alla Lancaster House di Londra, ieri 23 febbraio 2012.
Per l’Inghilterra , l’Africa è un continente che ha delle economie con la più veloce crescita al mondo; le esportazioni merceologiche del Regno Unito in Africa sono aumentate più di quelle della Cina ed India messi insieme. Politicamente, i Paesi africani e l’Unione stanno mostrando una dinamicità diplomatica sempre più incisiva sulla scena internazionale.
David Cameron, nel suo discorso d’apertura, ha detto che l’Africa ha un enorme potenziale di crescita economica e presenta grandi e molte opportunità; soprattutto se i paesi sono in grado di sviluppare le loro infrastrutture e le istituzioni governative.
Le previsioni del FMI indicano che sette paesi africani saranno tra i primi dieci che avranno un trend positivo di crescita delle economie e tra questi fanno parte Etiopia, Mozambico, Tanzania, Congo, Ghana, Zambia, Nigeria (in media del +7%), nei prossimi venti anni; in più entro il 2040, l’Africa avrà la più grande popolazione in età lavorativa al mondo, mentre l’occidente continuerà ad invecchiare.
Per Cameron, “La Gran Bretagna presterà molta attenzione alla Somalia e si impegnerà a garantire una maggior stabilità politica nei prossimi anni; e la Conferenza deve e dovrà essere l’occasione di creare una azione dinamica, internazionale e comunitaria, affinché si possa intervenire per affrontare sia le cause e gli effetti dei problemi del paese africano e somalo in particolare”.
Per la Francia, tramite il suo Ministro degli Esteri, Alain Juppé, ha cercato di rispondere al “perché” di una conferenza internazionale. Perché il popolo della Somalia ha sopportato 20 anni di guerra, con una terribile carestia, senza cibo e acqua. Perché la crisi somala colpisce tutto il Corno d’Africa e genera rivalità, odio e terrorismo; poiché la sicurezza dei mari è minacciata ogni giorno di più dalla pirateria, fenomeno radicato proprio per la mancanza di prospettive di sviluppo in Somalia.
Perché le popolazioni dirette e indirette con la Somalia sono vittime di Al-Shabaab, e che le milizie collegate ad Al-Qaeda ricorrono al terrorismo per la supremazia nella regione. Per Juppé, occorre che la Nuova Somalia percorra la road map adottata il 6 settembre 2011: fine della scandalosa impunità dei pirati; più integrazione tra la strategia marittima e quella di terra dei paesi che combattono il fenomeno; costruire più capacità marittime e giudiziarie dei paesi regionali, in particolare in Somalia, con l’istituzione di un tribunale specializzato.
Per la Francia, l’obiettivo è quello di ristabilire la pace e la sicurezza nazionale, anche se si dovranno affrontare delle sfide, come quella di imporre ad Al-Shabaab di deporre le armi e rinunciare alla violenza. Il presidente del Kenya, Mwai Kibaki, ha ricordato che grazie alle forze di governo federale di transizione e loro alleati come Burundi e Uganda, è possibile mantenere con continuità la sicurezza in Somalia.
Il Kenya, nel perseguire l’impegno per la ricerca della pace, continua a sostenere l’onere di ospitare (con problemi di degrado ambientale) la più grande popolazione di somali fuori dal loro territorio. Il presidente keniota, ha accolto con favore la delibera delle Nazioni Unite circa le operazioni future di mantenimento della pace in Somalia, senza la componente marittima degli Stati del Consiglio di sicurezza; infine, ha sottolineato che lo sviluppo di una forza di sicurezza nazionale somala è fondamentale per garantire il vivere tranquillo a lungo termine e la stabilità governativa del popolo.
“Questa conferenza non deve lasciare sfuggire l’opportunità, senza precedenti, a sostenere pienamente tutti gli sforzi per ripristinare uno stato funzionante in Somalia, in pace con la sua popolazione ed i suoi vicini”- ha concluso il presidente del Kenya Mwai Kibaki. Per l’Italia, il Ministro degli Esteri, Giulio Terzi ha detto: “ Esistono ancora opportunità concrete che i somali riescano a costruire uno stato sostenibile, in pace con i suoi vicini; e l’Italia è pronta a fare la sua parte, come ha d’altronde fatto finora, per aiutare questo processo”.
L’Italia, coinvolta direttamente nella preparazione del meeting londinese, è considerata storicamente a livello internazionale un interlocutore importante per la causa somala. “La crisi in Somalia richiede una piena assunzione di responsabilità da parte delle istituzioni somale – ha rimarcato Terzi – e una risposta più forte dalla comunità internazionale.
La dimensione esterna del conflitto è una grave minaccia alla sicurezza internazionale. La sua dimensione interna significa una sofferenza prolungata per la popolazione somala. Entrambe le situazioni – secondo il titolare della Farnesina – sono ugualmente inaccettabili”.
Al termine della Conferenza , gli Stati intervenuti hanno trovato un’intesa per dare nuovo slancio al processo politico in Somalia; concordano nel rafforzare l’intesa con l’Unione africana in Somalia e di aiutare la Somalia stessa a costituire una propria forza di sicurezza, e di intensificare le azioni contro pirati e i terroristi. Inoltre, l’intesa sarà ampia contro quanti si opporranno al processo di pace e la Conferenza internazionale ha prorogato fino all’agosto 2012 il mandato a sovrintendere sulla regione alle istituzioni federali di transizione.