Mentre la procura di Grosseto ha reso noto il motivo dell’arresto del comandante Francesco Schettino che, secondo gli inquirenti, poteva inquinare le prove o fuggire all’estero, i soccorritori sono ancora a lavoro per recuperare i passeggeri che sono rimasti all’interno delle cabine della Costa Concordia, naufragata venerdì sera.
Il bilancio dei dispersi è stato aggiornato, mancano ancora all’appello 17 persone: sei componenti dell’equipaggio e 11 passeggeri. Greenpeace, intanto, è intervenuto con una nota in cui chiede che «venga messo a punto e attuato con urgenza un piano che preveda subito lo svuotamento delle cisterne di carburante della nave e quindi la rimozione della medesima».
«Lo svuotamento delle cisterne, che potrebbe essere complicato se il carburante, a causa delle basse temperature, avesse assunto una consistenza semi-solida, deve essere avviato immediatamente, prima che eventuali mareggiate infliggano danni strutturali al relitto, causando la dispersione del carburante» afferma Alessandro Giannì, Direttore delle Campagne di Greenpeace.
Greenpeace denuncia che «in un’area, teoricamente protetta come il Santuario dei Cetacei, non esiste alcuno strumento per bloccare una nave con carico pericoloso se è in corso una tempesta o impedire alle navi da crociera di avvicinarsi pericolosamente alla costa, come avvenuto per la costa Concordia».
Il Santuario dei Cetacei nasce da un accordo tra Italia, Francia e Monaco e dovrebbe tutelare l’Alto Tirreno e il Mar Ligure per le eccezionali caratteristiche ambientali dell’area. «Purtroppo, è solo un parco di carta -aggiunge Greenpeace- senza alcuna misura di gestione efficace.
Il naufragio della costa Concordia non è certo il primo incidente navale nel Santuario: solo un mese fa, poche decine di miglia più a nord, il traghetto della Grimaldi Lines, Eurocargo Venezia, aveva perso in mare, durante una tempesta, circa 40 tonnellate di sostanze tossiche (catalizzatore al cobalto-molibdeno per la desolforazione di idrocarburi)».
Francesca Cuomo