Appena l’estate scorsa, tutte le riviste specializzate di mare, affermavano che navigare era una importante strategia per lo sviluppo della nautica da diporto e del turismo nautico.
Persino si è parlato, in tutti i saloni italiani ed europei, di una nuova vision della nautica, quella legata al territorio, come attrattore di occupazione per tutta la filiera nautica; quella che non considera i porticcioli turistici come dei garag sull’acqua.
In Italia, era nata una nuova figura di armatore: colui che ama il mare e che compra a leasing scafi non più lunghi di dieci metri (amici, oggi, del premier Mario Monti). La richiesta di acquisto di barche a leasing, avviene con un finanziamento del 65-75 per cento del costo totale e si tratta di un libero professionista o imprenditore, appassionato e conoscitore del mondo nautico.
Il mercato è quello delle barche a motore comprese tra i 7,5 e i 12 metri; con un rapporto reddito/rata in linea con le direttive dell’Ufficio delle Entrate (redditometro). Il gozzo, il gommone e le barche entro i dieci metri di lunghezza rappresentano la fetta di mercato nautico che maggiormente si vende e che dimostrano il “navigare” dei santi e poeti italiani.
Promuovere la conoscenza e la valorizzazione del mare come elemento di sviluppo nevralgico per l’Italia e l’Europa, oggi, dopo la “manovra-monti” diventa un po’ complicato; dopo tutti i progetti nati per sensibilizzare le nuove generazioni alla dimensione culturale del mare e per il mare, il Paese “marittimo” per eccellenza, che, contando sugli 8mila kilometri di costa, andrà in montagna a sciare; la risorsa mare, ancora una volta, è intesa solo come “balneazione”.
Ed allora, associazioni della nautica stanno invadendo i social network per evidenziare le loro opposizioni alla “manovra-monti”e dichiarandosi come “indignatos della nautica”; circa quattromila iscritti: Unione Italiana Vela Solidale, Legambiente, Associazione Italiana Scuole di Vela in testa.
Il professor Monti viene accusato di non conoscenza del settore; 16 mila persone diversamente abili, minori a rischio o del circuito penale, hanno navigato negli ultimi cinque anni sulla flotta di imbarcazioni dell’Unione Italiana Vela Solidale, un organismo composto da 25 associazioni che su tutto il territorio nazionale utilizzano la navigazione a vela come strumento educativo e di inclusione sociale.
Barche, come la Goletta Verde di Legambiente, che da decenni navigano svolgendo una fondamentale funzione di sentinella del mare e del territorio costiero. Comunità che utilizzano la navigazione a vela come supporto ai percorsi di recupero delle tossicodipendenze. Scuole di vela che ogni anno accolgono e istruiscono decine di migliaia di giovani per insegnare loro una disciplina sportiva. Tutte queste barche dovranno pagare la tassa di stazionamento.
E la pagheranno; ma non accettano di essere chiamati evasori e le loro barche non sono quelle di lusso. Queste associazioni, considerano la nautica come un interesse sociale e grazie a dei protocolli con i vari Ministeri possono garantire una esperienza di solidarietà unica ai disabili, agli esclusi e ad altri diversi.
Chiedono un valido emendamento alla manovra: che la tassa sia legata all’uso per il quale queste imbarcazioni sono utilizzate; altrimenti, si afferma che “l’unico risultato di questa assurda scelta sarà un esodo incontrollato” dai porti italiani e che “il turismo estero si rivolgerà altrove, disertando definitivamente le nostre coste”.
Abele Carruezzo