A bordo della nave militare Anteo, stamattina a Brindisi sono arrivati altri reperti recuperati dal relitto del peschereccio Francesco Padre, affondato il 4 novembre del 1994 al largo delle coste montenegrine.
Le operazioni di recupero sono cominciate lo scorso 4 ottobre e si sono svolte in quattro diverse fasi, tenendo impegnate diverse navi militari che hanno rinvenuto per mezzo di Falcon e di strumenti e pale meccaniche il materiale che è stato consegnato alla polizia scientifica: ad indagare sul naufragio che costò la vista a cinque marittimi molfettesi è la procura di Trani che ha riaperto le indagini dopo 16 anni per chiarire le cause.
In particolar si cerca di capire se sia possibile che sia stato un siluro, lanciato da un sommergibile americano, abbia provocato l’affondamento del peschereccio. I parenti, anche oggi a bordo dell’Anteo che fino a pochi giorni fa si trovava sulla verticale del relitto, insieme a l comandante Cucinello e a tecnici e periti del tribunale, hanno assistito alle operazioni in mare.
Dopo le prime tre fasi, che si sono concluse con il recupero di alcuni reperti attraverso operatori che sono arrivati a 50 metri dal relitto (avvicinarsi di più era impossibile a causa delle reti vicino al relitto), l’ultima fase è stata invece utile a prelevare un pezzo ligneo del relitto che deve essere comparato con altro materiale.
Quest’ultimo reperto è stato recuperato attraverso un manipolatore meccanico. Sono stati prelevati anche due scarponi che, lo stesso comandante Cucinello ha assicurato, non contengono resti umani. In totale sono stati recuperati venti reperti, sette dall’Anteo.
Francesca Cuomo
Foto-servizio: Simone Rella