La Fincantieri di Ancona come la Fiat di Pomigliano: «un baratto fra nuove commesse e un pesante piano di ristrutturazione, con una black list di 180 lavoratori da allontanare dalla fabbrica». Per la Federazione della Sinistra-Prc/Pdci di Ancona è questa la vera lettura del piano prospettato dall’ad di Fincantieri Giuseppe Bono a istituzioni e sindacati.
Gli enti locali dunque farebbero bene a «non esprimere ottimismo». L’impianto di Ancona rischia di essere banco di prova di una «contrattazione sito per sito, se non addetto per addetto, allo scopo di frantumare il fronte unitario dei lavoratori e indebolire le organizzazioni sindacali. È il tentativo di ripetere, in un contesto solo parzialmente diverso, quanto fatto dalla Fiat a Pomigliano e Mirafiori».
Per la Federazione della Sinistra «è ora di rompere la catena di ricatti che i padroni, privati o pubblici che siano, hanno costruito per imporre un modello di lavoro (e di società) che piega i diritti e la dignità dei lavoratori e dei cittadini agli interessi del mercato, della produzione e del profitto privato. Forse dal cantiere navale di Ancona e dai suoi operai può arrivare un primo, significativo segnale in questo senso».
Salvatore Carruezzo