Bangladesh: Paese per rottamare navi

La Repubblica Popolare del ha definito le linee guida per una politica sostenibile ed ecologica nel campo delle demolizioni di navi; lo ha affermato il Ministro dell’Industria Dilip Baru, al forum dell’industria, ieri.

I problemi per queste linee guida sono iniziati quando l’Alta Corte, mesi addietro, bloccò il funzionamento delle fabbriche di rilanimazione dell’acciaio, generando una vera crisi nel settore della demolizione di navi e con una grande esposizione economica da parte di diverse banche che non hanno più investito in tale settore.

Inoltre, l’Alta Corte bloccò alle imprese l’importazione e lo smantellamento di navi da rottamare, per cui negli ultimi mesi circa 300 rilanimatoi e 50 acciaierie hanno dovuto chiudere i battenti, subendo anche le contestazioni da parte di associazioni non governative che non vogliono il Bangladesh accusato di inquinamento ambientale. Sia le imprese che il governo, oggi, guardano ad un nuovo sviluppo di questo settore.

Le imprese di demolizione di navi del Bangladesh, India e hanno sottoscritto un accordo associativo, per fronteggiare la propaganda negativa ed il “complotto” ordito contro il settore della demolizione di una nave ed il settore del riciclaggio dell’acciaio nelle tre regioni.

L’associazione Federation of Ship Recyclers‘Association, di nuova costituzione, curerà questi settori, importanti per lo sviluppo interregionale, come la costruzione, rilanimazione e le forniture di acciaio; settori tutti che dipendono dalla demolizione di navi. Il ministro dell’industria, al forum, ha affermato che demolire una nave fa parte di un settore a lavoro intensivo e per questo il governo del Bangladesh lo ha riconosciuto come settore altamente industriale.

Per quanto riguarda le questioni ambientali, il governo, come ha dichiarato il ministro dell’industria, contribuirà a rendere questo settore altamente ecologico, prendendo ad esempio altri Paesi che hanno saputo garantire lo sviluppo industriale, salvaguardando l’ambiente e le persone coinvolte nel settore.

Infatti, questo settore fornisce circa 2,3 milioni di tonnellate di rottami di ferro, 0,35 milioni di tonnellate di mobili, generatori d’emergenza a diverse fabbriche, e motori e parti di ricambio a utenti diversi, e paga circa 7 miliardi di Tk (Taka: 90,2 taka = 1 euro) alle casse dello Stato.

Nel frattempo, gli ambientalisti chiedono garanzie sulle importazioni di navi da rottamare (navi contaminate da amianto o propulsione nucleare) ed hanno invitato il governo a seguire l’esempio dei Cinesi, dando anche una specie di certificato permanente e di formazione per gli operai, dichiarando anche i salari percepiti.

Non basta dichiarare il settore come una industria, ha continuato il ministro Baru, ma i cantieri per la demolizione e la rottamazione di navi devono essere portati a sistema, disciplinato e ben organizzato. “È vero che la demolizione di navi aiuta l’economia del Paese, ma al tempo stesso, è inutile e insensibile mettere in pericolo la vita dei lavoratori  e l’inquinamento dell’ambiente non può essere permesso.

Sitakundu a (città di circa 3 milioni e mezzo di abitanti) è oggi la più grande stazione di demolizione di navi, come importatori, del Bangladesh  ed ha battuto i concorrenti in India e Pakistan, comprando il più alto numero di navi da rottamare per riciclarle poi sul mercato internazionale, rendendo il Bangladesh, la scelta preferita per il ”cimitero di navi di medie e grandi dimensioni”, ha concluso il ministro Dilip Baru. Ed è per questo che i proprietari di questi cantieri dovrebbero investire per la sicurezza dei lavoratori, la formazione e il benessere sotto la loro la sorveglianza governativa.