Quando un atto è definito “pirateria”

Che ci sia differenza tra un atto di pirateria dei pirati ed un atto di terrorismo dei terroristi è un dato scontato. Alla domanda che cosa sia esattamente un atto di pirateria, molti Stati pongono diverse risposte, non solo, ma anche diverse convenzioni e diversi gruppi assicurativi hanno idee diverse su questo concetto.

Un fatto è certo: i pirati sono anche in grado di pubblicizzare le proprie azioni attraverso canali sociali, network e/o politici. Per alcuni, un atto di pirateria include solo gli attacchi alle navi in mare e per altri, invece la definizione si applica solo alle navi in acque internazionali; alcune condizioni si applicano se una nave è in , alla fonda o ormeggiata.

Ancora vi è una serie di altre variazioni sulle definizioni di ciò che comporta la pirateria, che comprendono furti ed attacchi mentre la nave si trova ancora in porto, atti contro i rifugiati, come gli attacchi alle boat people vietnamite.

Secondo la definizione (United Nations ), il reato deve essere commesso ” in alto mare e diretto in alto mare e in un luogo fuori della giurisdizione di qualunque Stato”, per rientrare nei parametri della definizione di pirateria a fini di ; non c’è distinzione tra alto mare e le acque territoriali di un Paese.

Il problema diventa ancora più complesso quando una zona economica esclusiva di un Paese è preda di atti di pirateria; probabilmente questa interpretazione (zona economica) che alletta il Governo di quel Paese, per una sua convenienza politica, a sostenere diverse interpretazioni nella propria giurisdizione.

Ai fini del diritto internazionale pubblico, la pirateria non può essere commessa mentre una nave  si trova in acque territoriali di un paese; perché se qualunque reato, con le stesse caratteristiche di un atto di pirateria, si svolgesse entro i limiti territoriali è classificato come rapina a mano armata. Definire il crimine è diventato una sorta di una partita politica.

Secondo il diritto internazionale pubblico, se la pirateria, inclusi gli atti di rapina a mano armata, viene effettuata non solo in alto mare, ma anche all’interno delle acque territoriali di una nazione, allora le nazioni non avrebbero più giurisdizione esclusiva sui propri territori; e molti atti di pirateria sarebbero giudicati con leggi locali come una questione territoriale.

Secondo l’articolo 105 della Convenzione del 1982, ogni Stato può agire contro i pirati in qualsiasi momento in acque internazionali (alto mare), ma solo con “navi militari” o altre navi al servizio dello Stato. I giudici dello Stato che hanno sequestrato la nave possono tuttavia decidere sulle sanzioni da comminare.

L’articolo 105 afferma che una nave pirata non può essere perseguita ulteriormente una volta che raggiunge le acque nazionali, fatta eccezione con il “consenso dello Stato di bandiera”, e a condizione che l’atto sia stato effettivamente commesso in alto mare e non in un luogo sotto la sovranità dello Stato.

Un intervento non autorizzato da una nave da guerra di uno Stato straniero costituirebbe una violazione della sovranità di quello Stato. In poche parole questo significa che non c’è fondamento giuridico per agire contro la pirateria diversa da quella in alto mare. La pirateria, nel suo complesso, non è del tutto affrontata in molti aspetti dalla Convenzione delle Nazioni Unite.

A causa di questa omissione l’International Maritime Consiglio (IMB) utilizza la seguente definizione, che è generalmente accettata e riguarda casi più ampi: “Pirateria è l’atto di abbordare una nave o il tentativo di abbordare una nave con l’intento apparente di commettere furti o altri reati, con l’intento apparente e la capacità di usare la forza per la promozione di tale atto”, in navigazione, in porto alla banchina, in rada alla fonda.

E’ una definizione che riflette più una visione popolare della comunità internazionale del trasporto marittimo, che una filosofia legislativa.