Infrastrutture portuali per i traffici, non per tutti i porti

Alla  XII Convention nazionale sui problemi portuali, nella sessione pomeridiana si sono contrapposti due strategie nazionali relative ai “corridoi” tirrenico/adriatico. Il professor ha sottolineato che il sistema portuale italiano sta vivendo una crisi forte per quanto riguarda la programmazione delle infrastrutture a tal punto che stiamo rischiando di rimanere fuori dalle connessioni trasportistiche mondiali (vedasi le strategie delle grandi Compagnie come la sui porti dell’alto Adriatico).

Il professor Maresca, esperto di politiche dei trasporti, docente di Diritto europeo dei trasporti, Vice presidente della Logistic, offerto a tutti i presenti un’analisi articolata della situazione trasportistica euro-mediterranea e le relative infrastrutture. Maresca parte da una premessa: “occorre che si creino nei due corridoi più importanti per l’Italia, al massimo due basi terminalistiche competitive con i porti del Nord Europa e servite da strutture di eccellenza, specie da quelle della modalità ”.

Dopo tanto studio ed analisi a livello italiano/europeo, dopo numerosi confronti di validità industriale-economica sui tavoli ministeriali, si è giunti ad un punto di non ritorno e Maresca ha sottolineato la necessità di una politica di sviluppo mirata , non basata su campanilismi fra autorità portuali  e soprattutto non basata sull’”antieuropea ridistribuzione del traffico”. Poi è passato ad affermare che è tempo di realizzare infrastrutture che stanno sulle direttrici di traffico e che generano traffici; soprattutto perché generano lavoro ed occupazione  e  principalmente evitano di isolare aree portuali/marittime del nostro Paese, con perdite economiche forti che inevitabilmente si riverseranno sui nostri giovani.

Tre punti strategici ha ricordato Maresca: aprire il mercato  per liberalizzare i traffici; cioè avere il coraggio di sopprimere le miserie di alcune realtà portuali fuori mercato;  porti costruiti con i soldi pubblici, dove nessun vettore marittimo è interessato non servirà  a quel territorio e regione marittima;  costituire un settore, all’interno dell’Autorità di Garanzia, per regolamentare uniformemente tariffe e concessioni in tutte le realtà portuali italiane; regole chiare e trasparenti per tutti; una riforma della legge sulla portualità italiana più ancorata verso i traffici e meno burocrazia.

Su questa linea, ha ricordato che Unicredit ha scelto Monfalcone (corridoio adriatico), per le sue caratteristiche infrastrutturali e per la coesione del territorio ed per questo che Unicredit non può aspettare le valutazioni ministeriali in eterno. Se si investe su di una progettualità dei denari, si ha anche il diritto di una risposta positiva/negativa che sia. Il dibattito è stato ampio e costruttivo su tutti i fronti. Per creare nuova portualità, oggi, le infrastrutture devono stare dentro i traffici marittimi internazionali, tenendo presente, diciamo noi, anche la crisi che il Mediterraneo sta attraversando.