Per la petroliera italiana “Savina Caylin”, caduta nelle mani dei pirati somali, sono già trascorsi più di tre mesi. I 22 marittimi sono trattenuti in ostaggio – 17 sono indiani e 5 italiani – ed ancora non si conosce a che punto sono le trattative. Il governo ha imposto una sorta di “black out” nelle informazioni. Un silenzio voluto soprattutto dal ministro della Difesa, Ignazio La Russa e da quello degli Esteri, Franco Frattini, per non disturbare le trattative. In questi giorni poi, come abbiamo riferito, il Governo italiano ha approvato l’impiego di militari della Marina o di guardie private armate, contractor, a bordo delle navi italiane per far fronte alla minaccia dei pirati. Molti sono convinti che questa scelta produrrà un inasprimento degli assalti pirati e quindi un innalzamento del livello di violenza con conseguente rischio per i lavoratori a bordo di queste navi. Ai cinque della “Savina Caylin” si sono aggiunti altri sei marittimi italiani, quelli della “Rosalia D’Amato”. Bisogna dire che il riscatto è l’unica contropartita a cui i pirati non hanno mai rinunciato per liberare nave ed equipaggi. Da informazioni dell’Apostolatus Maris tra i marittimi trattenuti vi sono anche dei ragazzi, dei minorenni di nazionalità egiziana e danese; i primi erano mozzi a bordo di pescherecci egiziani caduti nelle mani dei pirati somali. Mentre i minori danesi sono i tre figli della coppia catturata con il loro yacht, come riportammo mesi addietro. Per questi, nessuna voce/scritto/parola si è alzata a difesa: minori abbandonati sia da parte di singole persone e sia da parte di organismi internazionali che della difesa dei diritti dei minori ne fanno motivo di esistere. Ma per non disturbare le trattative, tutti esigono il “silenzio stampa”.
Foto: fonte web