Valore sociale di un porto: tre tonnellate di container equivalgono a dieci tonnellate di carbone

Misurare il valore intrinseco della delle merci di un porto è importante ai fini economici, come pure determinare il valore aggiunto associato alla movimentazione di una tonnellata di merce. Esistono molti studi e molte metodologie per determinare tutto questo; molte regole spaziano da approcci  bottom-up a quelli top-down.  La prima di queste regole è stata presentata dal nel 1976: “il valore aggiunto creato da una tonnellata di convenzionale è cinque volte più alto del valore aggiunto collegato alla movimentazione di una tonnellata di merci alla rinfusa e quindici volte più alto di una tonnellata di rinfuse liquide”. Mentre, nel porto di , nel 1982, venne presentata una regola basata sulle differenze dei costi di lavoro per la movimentazione del carico, denominata “Regola di Brema”: una tonnellata di general cargo equivale a tre tonnellate di rinfuse solide e a dodici di rinfuse liquide (1:3:12). Nel 1985, l’Autorità Portuale di ha introdotto la “Regola di Rotterdam”, poi modificata nel 1991: il valore aggiunto totale creato da una tonnellata di carico convenzionale nel porto = 2,5 tonnellate di prodotti petroliferi = 3 tonnellate di container = 4 tonnellate di cereali = 7,5 tonnellate di altre rinfuse = 8 tonnellate di traffico di rotabili = 10 tonnellate di carbone = 12,7 tonnellate di minerali di ferro = 15 tonnellate di greggio. Nel 1986 la “Dupuydauby Rule” ha portato i seguenti pesi relativi nel valore per tonnellata di carico movimentato: 1 ton merce convenzionale = 3 tons di container e traffico di rotabili = 6 tons di rinfuse solide = 9 tons di rinfuse liquide = 12 tons di greggio. Poi esistono delle regole valide solo in quel particolare porto o porti viciniori e per merce preponderante. Infatti la  “Regola di Anversa” individua tredici categorie di traffico; il più alto valore aggiunto per tonnellata nel porto di Anversa è creato dalla movimentazione di frutta. I pesi proposti dalla “Regola di Anversa” sono 1 ton di frutta = 1,5 tons di macchine e veicoli = 1,6 tons di altra merce convenzionale = 3 tons di prodotti forestali = 3 tons di altri rotabili = 3,5 tons di coils e ferro = 5 tons di altre rinfuse liquide (varie) = 7 tons di container = 8 tons di fertilizzanti = 10 tons di altre rinfuse solide = 11 tons di minerale grezzo e carbone = 12 tons di cereali = 47 tons di greggio. Quindi, bisogna fare molta attenzione quando si leggono le statistiche di traffico merceologico di un porto; i paragoni con altri porti divengono artificiosi e di propaganda. Però, aver riportato queste regole ci inducono ad una riflessione puntuale, valida per ogni porto, che l’occupazione e il valore aggiunto per tonnellata aumentano se le merci subiscono trasformazioni logistiche o industriali all’interno dell’area portuale. Per esempio, il riempimento e lo svuotamento di containers è fino a cinque volte più a “lavoro intensivo” che l’imbarco e lo sbarco da una nave, considerato “lavoro base”. Lo stoccaggio, la distribuzione e altre attività logistiche, nel quadro del subappalto industriale o della manifattura dopo nell’area portuale, generano livelli di occupazione discreti per un dato livello base di traffico nel porto. Per questo motivo, molti porti europei si sono evoluti da centri di puro transhipment verso sistemi complessi di funzioni chiave all’interno di un sistema logistico, in modo da far coesistere attività terminalistiche pure e attività logistiche.

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