“Non è applicabile ai posti barca”
Da tempo, ASSORMEGGI ITALIA afferma l’importanza che il Governo vari una riforma del settore delle concessioni demaniali marittime, relativi ai posti barca.
E’ proprio la stessa Direttiva Bolkestein che esclude, all’art. 2, comma 2, lett. D, dal proprio campo di applicazione, “i servizi nel settore dei trasporti, ivi compresi i servizi portuali”, come, peraltro, confermato dalla stessa giurisprudenza della Corte Europea di Giustizia che ha precisato come il settore dei porti sia escluso dall’applicazione della direttiva servizi.
E’ fondamentale, dice Angelo Siclari Presidente di Assormeggi Italia, procedere soprattutto alla mappatura dello stato attuale del demanio e delle coste italiane. Non è possibile riformare il settore che è composto da migliaia di piccole e medie imprese che in Italia gestiscono ben 110.000 posti barca ed oltre 250.000 posti barca dislocati nel Marina ( fonte ENIT Agosto 2021), senza avere una banca dati aggiornata.
A tal proposito abbiamo scritto al Ministro Per gli Affari Europei, il Sud e le politiche di coesione e per il PNRR, On. Raffaele Fitto una lettera, a titolo di contributo per il settore delle piccole imprese di posti barca, in cui evidenziamo alcuni passaggi fondamentali per escludere il comparto dalla Direttiva Bolkestei, continua Angelo Siclari.
Di seguito la lettera inviata al Ministro:
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OGGETTO: ASSORMEGGI ITALIA – Regime delle imprese concessionarie di approdi e punti di ormeggio assimilabile a quello dei “servizi portuali” con esclusione dalla Direttiva “Servizi”
Ill. mo Sig. Ministro,
Assormeggi Italia è un’Associazione con sede a Rapallo (GE) ed aggrega, a livello nazionale, piccole imprese della nautica, in particolare concessionari di piccoli approdi e punti di ormeggio, anch’esse inserite nel settore turistico/ricreativo.
Al fine di dare un contributo su tale comparto, si ritiene doveroso evidenziare quanto segue:
Come è noto la Legge 5 agosto 2022, n. 118, concernente “Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021, il Legislatore ha dettato, agli articoli 3, 4 e 5 nuove disposizioni sull’efficacia delle concessioni demaniali marittime a scopo turistico-ricreativo.
Ha altresì fissato i principi in forza dei quali il governo è chiamato ad adottare uno o più decreti legislativi volti a riordinare e semplificare la disciplina in materia di concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per finalità turistico-ricreative e sportive, ivi incluse quelle affidate ad associazioni e società senza fini di lucro, con esclusione delle concessioni relative ad aree, strutture e infrastrutture dedicate alla cantieristica navale, all’acquacoltura e alla mitilicoltura.
Il “limite” a cui è andata incontro tale legge è che ha “soltanto” recepito all’art. 3.5 quanto statuito dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con le richiamate sentenze nn. 17 e 18 del 9 novembre 2021, in merito alla necessità di espungere dall’ordinamento interno le norme istitutive di proroghe ex lege del termine di scadenza dei titoli concessori in questione, cristallizzando” l’efficacia di tali titoli concessori fino al 31 dicembre 2023 (o 31 dicembre 2024 “in presenza di ragioni oggettive che impediscono la conclusione della procedura selettiva entro il 31 dicembre 2023”).
Ad avviso di scrive la legge de qua contiene degli errori ed è, pertanto, inapplicabile per quanto concerne al particolare comparto della portualità turistica (leggasi: approdi e punti di ormeggio), settore che Assormeggi Italia aggrega.
Risulta di palmare evidenza che il sistema normativo che dovrà regolamentare il settore sia disciplinato in modo diverso rispetto a quanto verrà disposto per gli altri tipi di concessione, come per esempio quelle afferenti alle “imprese balneari”.
Infatti nel considerando 21 della Direttiva 123/2006/CE si legge:“i servizi di trasporto, compresi i trasporti urbani, i taxi e le ambulanze nonché i servizi portuali, sono esclusi dal campo di applicazione di tale direttiva” e all’art. 2, comma 2, lett. d), della medesima “che sono esclusi dal proprio campo di applicazione, i servizi nel settore dei trasporti, ivi compresi i servizi portuali” per i quali si applica il Titolo V del Trattato CE”.
Nel nostro ordinamento giuridico la nozione di “servizi portuali” si ricava dalla Legge 28 gennaio 1994, n. 84, recante “Riordino della legislazione in materia portuale”.
Per l’art. 4, comma 3, lett. e, della medesima legge “I porti, o le specifiche aree portuali di rilevanza economica nazionale e internazionale di cui alla categoria II, classi I e II hanno le seguenti funzioni: (Omissis) 5) turistica e da diporto.”
Ai sensi dell’art. 16 “Sono servizi portuali quelli riferiti a prestazioni specialistiche, complementari e accessorie al ciclo delle operazioni portuali”.
La norma va coordinata con l’art. 2 del Decreto Ministero dei Trasporti e della Navigazione 6 febbraio 2001, n. 132 recante “Regolamento concernente la determinazione dei criteri vincolanti per la regolamentazione da parte delle autorità portuali e marittime dei servizi portuali, ai sensi dell’articolo 16 della legge n. 84/1994” il quale recita “Sono servizi portuali le attività imprenditoriali consistenti nelle prestazioni specialistiche, che siano complementari e accessorie al ciclo delle operazioni portuali, da rendersi su richiesta di soggetti autorizzati allo svolgimento anche in autoproduzione delle operazioni portuali”.
Una volta chiarito quali siano i “servizi portuali” in questa sede si vuol operare un dovuto “distinguo” tra essi e le imprese balneari acclarato che tra le funzioni esercitate nei porti vi è quella “turistica e da diporto” e che tra le dette attività rientra la gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto attualmente disciplinate dal Decreto Presidente della Repubblica 2 dicembre 1997, n. 509 recante “Regolamento recante disciplina del procedimento di concessione di beni del demanio marittimo per la realizzazione di strutture dedicate alla nautica da diporto”.
Come è noto le concessioni demaniali marittime turistico- ricreative, richiamate dalla Direttiva Servizi “cd. Bolkestein”, sarebbero concepite da Bruxelles come afferenti al settore “servizi” della durata, di norma, non superiore ad anni 6, (art. 1 Legge n. 494/1993), mentre le strutture per la nautica da diporto, così come definite dall’art. 2 D.P.R. 509/1997 (ad eccezione degli approdi, di cui alla lett. b) e dei punti di ormeggio di cui alla lett. c) ) sono da individuarsi quali concessioni assentite per una realizzazione e gestione pluriennale, concernenti, il più delle volte, opere di interesse pubblico da incamerare dallo Stato al termine della concessione (in tale categoria rientrano i porti turistici di cui alla lett. a).
Da un punto di vista infrastrutturale i punti di ormeggio, che sono destinati “solo all’ormeggio e al ricovero ai natanti ed alle piccole imbarcazioni”, si qualificano “approdi” se rientranti nella polifunzionalità degli ambiti portuali nei quali sono inseriti.
La differenza tra le due tipologie di strutture, come recita la Lettera Circolare/Ministero dei Trasporti e della Navigazione/DEM 2A 1175 – A. 2.50, è solo di natura funzionale, e trova fondamento in due passaggi delle definizioni di cui all’art. 2, comma 1, del D.P.R. n. 509 del 1997, laddove da un lato, porti e approdi turistici sono caratterizzati dall’ “apprestamento di servizi complementari” rispetto al mero “ormeggio e ricovero”.
Considerato che tecnologia e la scienza delle costruzioni hanno raggiunto livelli di affinamento tali da rendere ipotizzabile la realizzazione di approdi turistici con il solo utilizzo di strutture di facile rimozione quali senza dubbio sono da considerare i punti di ormeggio questa differenza è da considerarsi assolutamente superata.
Per “servizi complementari” debbono sicuramente intendersi esercizi commerciali per la fornitura di accessori per la nautica, manutenzione, alaggio e varo, ricovero a secco, officina navale e rimessaggio di imbarcazioni da diporto che non sono certamente inquadrabili nell’elenco tassativo delle attività considerate “turistico-ricreative” di cui all’articolo 1 Legge n. 494/1993 ove sicuramente rientrano le imprese balneari.
Così, un sistema di pontili galleggianti, destinato ad ospitare un considerevole numero di imbarcazioni, senza limite teorico di categoria, per fornire servizi complementari, andrà considerato “servizio portuale”.
Peraltro ciò che è specchio acqueo (area in concessione) è “complementare” all’area di rimessaggio e/o cantiere che si trova in area non demaniale marittima. L’una non potrebbe esistere senza l’altra.
Infatti, oltre ai mesi primaverili, estivi ed in parte autunnali la stessa prosegue nei mesi invernali.
Ne deriva, pertanto, che l’attività è svolta complessivamente nell’arco annuale e non stagionale come le imprese balneari.
Rebus sic stantibus nulla può farci obiettare che la presenza di “servizi complementari” alla nautica da diporto possa far rientrare le imprese che svolgano tali attività quali esercenti “servizi portuali” e, dunque, da escludere dall’applicazione della Direttiva “Servizi”.
In virtù di quanto asserito è di palmare evidenza che, prima di procedere – all’oramai improcrastinabile riforma concernente la legislazione afferente al demanio marittimo turistico-ricreativo, vengano adeguatamente esaminate, le macroscopiche discrepanze intercorrenti tra il settore balneare e quello della portualità turistica.
Ciò si appalesa necessario al fine di un inquadramento sistematico che possa far emergere con chiarezza le profonde differenze tra imprese balneari da un lato, porti turistici, approdi e punti di ormeggio dall’altro.
Per quanto sopra esposto, la scrivente Associazione resta disponibile della S.L. Ill.ma per eventuale audizione con propri tecnici.
Nel ringraziare per la gentile considerazione è gradita l’occasione per porgere distinti saluti
IL PRESIDENTE
Angelo SICLARI