Londra. L’IMO può fissare obiettivi per la riduzione delle emissioni e il raggiungimento della decarbonizzazione quando termini come ‘decarbonizzazione’ e ‘navi a zero emissioni’ ancora non sono chiaramente definiti? Il mondo del trasporto marittimo non ha a oggi una chiara comprensione di cosa significhi decarbonizzazione in termini reali e pratici. La mancanza di una comprensione uniforme della terminologia evidenzia i problemi che il trasporto marittimo – e le sue Autorità Marittime per la sicurezza- devono affrontare mentre si mettono a negoziare il modo migliore per raggiungere gli obiettivi ambientali stabiliti dall’Organizzazione Marittima Internazionale (IMO) per il 2030 e il 2050.
L’IMO non ha una propria definizione formale di decarbonizzazione, ma ha adottato una strategia di riduzione dei gas a effetto serra (GHG). A novembre prossimo, l’IMO terrà un’importante riunione del suo Comitato per la Protezione dell’Ambiente Marino (MEPC) per cercare di elaborare misure a breve termine per ridurre l’impronta di carbonio dal settore dello shipping internazionale. Ci chiediamo quale definizione si adatta meglio per la comprensione del termine ‘decarbonizzazione’; che cosa realmente significa il termine e/o comprende. A oggi, si danno almeno sette possibili definizioni della parola ‘decarbonizzazione’ – risultate da un sondaggio fra i lettori della rivista specializzata Splash 247.com, unitamente alla Maritime CEO -.
Le prime quattro risposte sono quelle disponibili dai siti web di un’università, di una grande casa automobilistica, dentro un documento di ricerca e dentro un consiglio di sicurezza. Le riportiamo brevemente: decarbonizzare significa 1. La riduzione del metabolismo socioeconomico dell’input di carbonio o delle emissioni di gas serra (GHG) come CO2 o CH4 (13%); 2. La riduzione delle emissioni di CO2 per unità di energia generata (9%); 3. La conversione a un sistema economico sostenibile tale da ridurre e compensare le emissioni di CO2 (16%); 4. L’eliminazione del carbone dall’uso industriale (4%); 5. Ridurre e poi eliminare le emissioni di CO2 (18%); 6. Ridurre e poi eliminare le emissioni di gas serra (24%); 7. La riduzione di tutto il carbone e CO2 dalle relative attività umane (16%). Cosa significa esattamente una nave a emissioni zero? Alcuni direbbero che si tratta di una nave a bordo la quale, la potenza propulsiva è fornita da una soluzione che emette zero emissioni nell’aria. Niente per quanto riguarda le emissioni in – shore? Una nave a emissioni zero che utilizza propulsione elettrica e batterie può ancora essere considerata ‘emissioni zero’ se le batterie vengono ricaricate dall’elettricità generata da una centrale elettrica a carbone?
Se la nave utilizza combustibili alternativi (compresi i biocarburanti), vengono prese in considerazione le emissioni terrestri risultanti dalla produzione di questi combustibili? Una nave può essere considerata a emissioni zero se le emissioni di CO2 sono compensate piantando alberi o tramite il filtraggio e cattura del carbonio? Sì? No? Forse? Anche il termine ‘emissioni’ può significare cose diverse. Significa tutte le emissioni atmosferiche, comprese, ad esempio, le emissioni di piombo o le emissioni di gas serra (GHG) o solo CO2? E gli scarichi in mare aperto? Non sono una preoccupazione? Per quanto riguarda la decarbonizzazione, questa è definita in molti modi diversi che vanno dal semplice significato di riduzione delle emissioni di CO2 a dichiarazioni vaghe sulla rimozione del carbonio dalle economie e dalle società.
Certamente si comprende la confusione che troppe informazioni e troppe interpretazioni, definizioni e punti di vista teorici possono portare a obiettivi strumentalmente diversi. Intanto, per dimostrare di avere idee chiare su cosa significhi la parola decarbonizzazione, una società olandese ha messo in piede un programma per costruire dieci navi per la navigazione fluviale interna e per la short way in mare a zero emissioni nei prossimi cinque anni. Quest’azienda guarda alle emissioni zero attraverso una lente operativa e pratica, e non tanto da un punto di vista teorico, perché in ultima analisi, stanno costruendo una flotta a emissioni zero.
Per consentire la transizione a un settore marittimo decarbonizzato, l’espressione ‘fonti di energia a zero emissioni di carbonio’ dovrebbe essere intesa come fonte di energia e combustibili che insieme hanno il potenziale di soddisfare tutta la domanda di energia del trasporto marittimo nel 2050. Per quanto riguarda la navigazione e il rifornimento delle navi a zero emissioni significa zero emissioni di gas serra. Mentre il mondo dello shipping si sforza di trovare il suo futuro carburante non inquinante, non esistono ancora standard ufficiali di sostenibilità o schemi di certificazione correlati per alleviare la confusione. La Sustainable Shipping Initiative (SSI) e la Copenhagen Business School (CBS) stanno collaborando per definire i criteri per le credenziali di sostenibilità dei nuovi carburanti marini e per facilitare la loro certificazione.
Con l’emergere dell’”economia portuale”, come disciplina accademica autonoma già da 30 anni, i ricercatori hanno percepito e analizzato i porti come una sorta di organizzazioni ‘ibride’ che, sebbene istituzionalmente ancorate alla pubblica amministrazione e alle strutture di governance, sono spesso alla disperata ricerca di una maggiore autonomia gestionale che consentirebbe loro di competere in un panorama di crescente concorrenza portuale regionale. Questo modello ‘simbiotico’ pubblico-privato, piuttosto scomodo, persiste ancora, assistito in misura non trascurabile dall’interesse degli accademici e delle agenzie di finanziamento: teoria che classifica i porti con definizioni ben strutturate di ‘modelli’ portuali, come proprietari d’immobili, porti di strumenti e servizi.