ROMA – L’intestazione di una unità da diporto a società non operative o di comodo comporta un particolare trattamento ai fini fiscali sia per quanto concerne l’imposizione diretta sui redditi sia relativamente all’I.V.A.
La disciplina della società di comodo è contenuta nell’art. 30, della Legge 23 dicembre 1994, n. 724 recante “Misure di razionalizzazione della finanza pubblica” – in G.U. n. 304 del 30 dicembre 1994 – S.O. n. 174, come modificato dal D.L. n. 223/2006 e dal D.L. n. 138/2011, ed è finalizzata a disincentivare il ricorso all’utilizzo dello schermo societario per la mera detenzione di beni.
La norma prevede che le società per azioni, in accomandita per azioni, a responsabilità limitata, in nome collettivo e in accomandita semplice, nonché le società e gli enti di ogni tipo non residenti, con stabile organizzazione nel territorio dello Stato, si considerano non operative e dunque “di comodo” se l’ammontare complessivo dei ricavi, degli incrementi delle rimanenze e dei proventi, esclusi quelli straordinari, risultanti dal conto economico è inferiore al 6% del valore delle immobilizzazioni rappresentate da beni immobili e dalle navi destinate all’esercizio di attività commerciali o della pesca o ad operazioni di salvataggio o di assistenza in mare, ovvero alla demolizione, escluse le unità da diporto di cui alla Legge 11 febbraio 1971, n. 50 (ora sostituita dal Nuovo Codice della nautica da diporto approvato con D.Lgs. 18 luglio 2005, n. 171), anche se in locazione finanziaria.
Quindi la mancanza di operatività determinata dai coefficienti indicati nell’art. 30, comma 1, lett. b) della Legge n. 724/1994 e s.m.i. comporta l’attribuzione su base presuntiva di un reddito minimo, per cui si presume che il reddito del periodo di imposta non sia inferiore alla percentuale del 4,75% del valore dei beni posseduti nell’esercizio e quindi del valore delle immobilizzazioni rappresentate da beni immobili e dalle navi destinate all’esercizio di attività commerciali anche se in locazione finanziaria. Il reddito minimo, determinato in via presuntiva, è inoltre assoggettato da un’aliquota IRES maggiorata, nella misura del 38%.
Tale novità è stata introdotta dall’art 2 del D.L. n. 138/2011 e prevede l’incremento di tassazione di 10,5 punti percentuali (dal 27,5% al 38%) per le società considerate non operative. La maggiorazione dell’aliquota trova applicazione ogni qualvolta la società rientri tra quelle considerate non operative dal citato art. 30 della Legge n. 724 del 1994. La società considerata non operativa è assoggettata a delle conseguenze rilevanti ai fini delle Imposte sui Redditi, dell’IRAP e dell’I.V.A.
Quindi se una società che è stata costituita per esercitare l’attività di noleggio di unità da diporto che acquisti o prenda in locazione finanziaria delle unità del valore di Euro 10.000,00 si considera non operativa se nell’esercizio di riferimento consegua ricavi inferiori al 6% ovvero Euro 600,00, pertanto il reddito presunto è pari a Euro 475,00.
L’art. 2, commi da 36-decies a 36-duodecies, del D.L. n. 138/2011, convertito, con modificazioni, nella Legge n. 148/2011 ha introdotto le società in perdita sistematica. Le nuove disposizioni prevedono che le c.d. società di comodo di cui all’art. 30 della Legge n. 724/1994, si possono idealmente ripartire in due categorie: le “società non operative”, ossia le società che non superano il test di operatività previsto dal comma 1 del citato art. 30, e le “società in perdita sistematica” che, come meglio precisato in seguito, presentano tre periodi d’imposta in perdita ai sensi del citato comma 36-decies dell’articolo 2 (C.M. 11/06/2012 n. 23/E).
Sono considerate società in perdita sistematica, ai sensi del citato comma 36-decies dell’art. 2, i soggetti che presentano una situazione di perdita fiscale risultante dalle relative dichiarazioni dei redditi per 3 periodi d’imposta consecutivi ovvero, sempre per lo stesso periodo di osservazione, presentino indifferentemente 2 dichiarazioni dei redditi in perdita fiscale ed una terza con un reddito imponibile inferiore a quello minimo presunto ai sensi del medesimo art. 30 della Legge n. 724/1994.
Agli effetti dell’I.V.A. il possesso e la gestione di una unità da diporto ad iniziativa di un società non operativa non si considera attività commerciale se la partecipazione alla stessa consenta ai soci il godimento personale o familiare dell’unità medesima in maniera gratuita o per un corrispettivo inferiore al valore normale. In mancanza del presupposto soggettivo l’I.V.A. pagata per l’acquisto dell’unità da diporto al fornitore del bene è indetraibile.
Pertanto la qualificazione di società di comodo per le società e gli enti non operativi, comporta pesanti limitazioni al rimborso e alla compensazione dei crediti IVA, infatti l’eccedenza di credito risultante dalla dichiarazione presentata ai fini dell’imposta sul valore aggiunto non è ammessa al rimborso né può costituire oggetto di compensazione ai sensi dell’articolo 17 del D. Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, o di cessione ai sensi dell’articolo 5, comma 4-ter, del D. L. 14 marzo 1988, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla Legge 13 maggio 1988, n. 154. In particolare, alle società di comodo è precluso il rimborso, la compensazione orizzontale e la cessione dei crediti IVA originatisi nel periodo d’imposta.
Qualora per tre periodi di imposta consecutivi la società o l’ente non operativo non effettui operazioni rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto il credito così accumulato diviene definitivamente inutilizzabile, essendo altresì esclusa la possibilità di compensazione verticale.
Presentando un’istanza di interpello disapplicativo, ai sensi dell’art. 37-bis, comma 8, D.P.R. n. 600/1973, si raggiunge lo scopo di chiedere la disapplicazione di una norma antielusiva prevista per le società non operative ed in perdita sistematica che, in linea di principio, trova applicazione in riferimento alla fattispecie prospettata, limitando deduzioni, detrazioni, crediti d’imposta.
A tal fine, il contribuente deve provare che nella situazione concreta non possono realizzarsi gli effetti elusivi che la norma intende evitare, consentendo di dimostrare che per determinate operazioni non sussistono gli elementi di elusività contrastati da specifiche norme dell’ordinamento tributario, delle quali si chiede pertanto la disapplicazione.Infatti solo in questo modo è possibile evitare le conseguenti penalizzazioni in termini di maggiore onerosità fiscale e di limitazione al rimborso e alla compensazione dei crediti IVA.
L’istanza va presentata preventivamente, ossia prima della dichiarazione dei redditi che accoglie gli effetti del comportamento oggetto dell’interpello.L’interpello è presentato al Direttore regionale per il tramite della Direzione provinciale competente in relazione al domicilio fiscale dell’istante, mediante plico raccomandato con avviso di ricevimento.
Cosimo Salvatore Corsa