Trani (BAT), 11 settembre 2024, Rassegna Trani Festival del Cinema e del Mare
Trani è, senza dubbio, uno dei borghi marinari che hanno fatto la storia del diritto della navigazione e, di conseguenza, riallacciandomi alla tematica dei porti come “ponti per l’import/export della cultura” non potevo iniziare l’argomento assegnatomi senza partire dal ruolo recitato da questa città che ha idealmente “esportato” la cultura giuridica del mare.
Come è noto ai tranesi agli Ordinamenta et consuetudo maris edita per consules civitatis Trani è attribuita una datazione controversa ma convenzionalmente fatta risalire all’anno 1063.
Premesso ciò non è certamente questa la sede opportuna per entrare nel merito di una questione dibattuta da quasi due secoli ossia da quando, nel 1827, Jean Marie Pardessus, professore di diritto commerciale all’Università di Parigi, ne scoprì l’esistenza e la rivelò al mondo.
La città, di cui ho il piacere di essere ospite questa sera, nel corso del Medio Evo divenne scalo di Veneziani, Gaetani ed Amalfitani e durante la dominazione normanna, per volontà dei Consoli del Mare Simone De Brado, Angelo de Bramo e Nicola de Ruggiero furono raccolti e sistemati usi e consuetudini mercantili della Riviera meridionale adriatica.
La Puglia, grazie ai porti situati sulla sponda adriatica, è da secoli crocevia tra Oriente ed Occidente rappresentando una “cerniera” tra terra e mare e la sua strategicità, già compresa in antichità da Greci e Romani, fu mantenuta in età medievale a beneficio di insediamenti (oggi le chiameremmo “retroporti”) non solo di grandi compagnie mercantili ma anche di commende funzionali alle attività marittime degli ordini monastico – cavallereschi come Templari, Teutonici e Ospitalieri (questi ultimi detti anche Giovanniti). Un grande hub con una centralità motivata da ragioni squisitamente logistiche che perdurano tuttora.
Infatti l’area in questione è attualmente inserita nel “Corridoio Paneuropeo VIII” delle Reti Transeuropee (Reti TEN – T) – Asse Mar Adriatico-Mar Nero che, nel suo tracciato principale, si sviluppa lungo la direttrice Durazzo – Tirana – Skopje – Sofia – Burgas e Varna con l’interconnessione marittima verso i porti di Bari e Brindisi.
Premesse queste considerazioni di natura geoeconomica la mia relazione si soffermerà sulla “logistica delle persone” e la nostra indagine non può che partire dai pellegrinaggi per raggiungere i Luoghi Santi, Terrasanta in primis, per i quali veniva utilizzata la modalità marittima come segmento finale di un percorso che oggi definiremmo “intermodale” perché iniziava dal Cammino lungo la Via Francigena.
Quanto fossero importanti i pellegrinaggi, tanto da influenzare la regolamentazione dei traffici marittimi, lo dimostra, il capitolo XI degli Ordinamenta Maris in cui si legge che è consentito ai marinai di venir meno agli impegni assunti solo per tre motivi, uno dei quali è l’aver formulato il voto di recarsi “ad San Jacomo al Sancto Sepulcro o ad Roma”. I riferimenti, pertanto, sono San Giacomo di Compostela e il Cammino di Santiago, il Santo Sepolcro a Gerusalemme e Roma, Capitale della Cristianità.
Non bisogna poi dimenticare che al Santo Protettore e Patrono di Trani, Nicola, è attribuito l’appellativo di “Pellegrino” perché in queste vesti raggiunse la Puglia al tempo della promulgazione degli Ordinamenta Maris.
L’importanza del porto di Trani nei collegamenti con l’Oltremare è sottolineata dall’ebreo spagnolo Beniamino da Tudela. Infatti egli nel suo viaggio (compiuto probabilmente a scopo commerciale tra il 1159 e il 1167) attraversò anche la Puglia e pur rivolgendo la sua attenzione essenzialmente alle comunità ebraiche, notò che a Trani “per la comodità del suo porto, si raccolgono tutti i pellegrini che si recano a Gerusalemme”.
Anche i mercanti amalfitani (e li cito perché Amalfi è ubicata nel territorio da cui provengo ed è stata artefice di un’altra pietra miliare della storia del diritto marittimo: la celebre Tabula de Amalpha) hanno utilizzato gli empori pugliesi come insediamenti per i loro investimenti commerciali, per installare fòndaci e aprire, nei porti locali, rotte marittime per l’Oriente.
Ma torniamo a Trani e ai suoi Statuti Marittimi che constano di trentadue capitoli e possono vantare un primato di tutto rispetto: una menzione nella sentenza resa il 24 marzo 1999 dalla U.S. Court of Appeal – Fourth Circuit, in una causa avente ad oggetto i diritti di proprietà dei beni persi in mare in cui era implicata nientemeno che la RMS Titanic, Inc., unica società autorizzata dal governo americano al recupero dei reperti del Titanic.
Ma, fatto salvo questo curioso aneddoto d’Oltreoceano, non manca certo ai tranesi la memoria storica di questo primato.
Infatti tra il 12 dicembre 1963 ed il 9 gennaio 1964, in occasione del 900° anniversario dalla presunta data di emanazione di questa prezioso testo giuridico, fu organizzata a Trani una mostra bibliografica di diritto marittimo medievale e degli Ordinamenta Maris con tanto di inaugurazione di un monumento dedicato che ancora oggi si può ammirare.
Nel 1980 il borgo fu sede di un’importante congresso di diritto marittimo dal titolo “La legge del mare in Italia dall’evo antico alle moderne codificazioni” in cui fu sostenuto che la regolamentazione giuridica dei traffici marittimi medievali trova come fonti ispiratrici la Lex Rhodia, la prima embrionale “codificazione” marittima sorta a Rodi, e il Νόμος ʽΡοδίων Ναυτικός (Nòmos Rhodìon Nautikòs) compilazione privata di origine bizantina.
Il diritto marittimo tranese sarà incluso, nei secoli successivi, tra le fonti ispiratrici di una legislazione internazionale del Mediterraneo che soppianterà le consuetudini locali di ogni città marinara: il Llibre de Consolat de Mar redatto a Barcellona attorno alla seconda metà del secolo XIV.
Restando in argomento in materia di trasporto di persone sono da richiamare il capitolo XXIII a proposito degli oggetti di valore dei passeggeri e dell’esonero di responsabilità dell’armatore, in caso di perdita o distruzione, se tali oggetti non sono stati preventivamente consegnati, per la loro custodia, allo scrivano, al nocchiero o al padrone della nave.
La disposizione non si discosta molto dall’ordinamento giuridico nostrano se confrontata con le norme del Codice della Navigazione (art. 409 – Responsabilità del vettore per danni alle persone; art. 412 – Responsabilità del vettore per il bagaglio).
Non erano, però, ancora maturi i tempi per tutelare i diritti della persona trasportata e, nel caso di navi utilizzate dagli ordini monastico – cavallereschi, l’unica garanzia per i passeggeri era la scorta armata a bordo che consentiva adeguata protezione in caso di assalto di pirati o corsari ma non certamente dal pericolo di perdersi o perire in occasione di un naufragio causato da condizioni meteomarine avverse.
Non esisteva, altresì, alcuna legislazione sul soccorso in mare e a tutela dell’incolumità dei naufraghi e dei loro beni, definitivamente formalizzato nel citato LLibre de Consolat de Barcelona (capitoli CCXXVII e ss., CCLXXXVII).
Anzi relitti e persone a bordo potevano essere vittime di ius naufragii, ossia una pratica vigente nel Medioevo che permetteva al signore, possessore della terra dove avveniva il sinistro, di impossessarsi di ogni bene od oggetto di un naufrago, compreso il relitto della nave.
Solo Federico II, lo Stupor Mundi, a cui questa terra che mi ospita stasera deve tanto, cercò di arginare il fenomeno nel capitolo XXIX del Libro I del Liber Augustalis e nella Costituzione Navigia del 1232.
Ed è proprio il tema del naufragio che ci riporta tristemente alle vicende della traversata dei disperati che affollano il Mediterraneo in cerca di un futuro.
A proposito di questo attualissimo e scottante argomento, raccontato magistralmente dal regista di “Io capitano” di cui tutti abbiamo ammirato la proiezione in occasione di questa rassegna dedicata alla cultura cinematografica, non può parlarsi, a mio avviso, soltanto di “logistica”.
Non si può certamente ridurre la somma delle attività di salvataggio in mare e redistribuzione delle persone soccorse nei porti indicati dagli Stati costieri in base a convenzioni internazionali come la “SOLAS” del 1974, la “SAR” del 1979 e la “Salvage” del 1989, a “logistica delle persone” ma, purtroppo, di “traffico” delle persone.
Alfonso Mignone
Avvocato marittimista e Cultore di Diritto della Navigazione
presso il Dipartimento di Studi Giuridici dell’Università di Salerno