Il Governo vorrebbe attuarla entro il 2024, con una fase di ‘accompagnamento’ che non piace ai sindacati. Il ministro Salvini: “Le sovrintendenze non devono rallentare la spesa”
Roma. L’ultima riforma sui porti italiani, quella del 2016, ha interessato la ‘governance’ con l’accorpamento di varie Autorità portuali in sedici Autorità di Sistema Portuale e successivi correttivi; ora si cambia con la proposta ‘Salvini-Rixi’.
Per il Ministro Matteo Salvini “Sono ancora troppe le risorse che non riusciamo a spendere per gli intoppi della burocrazia, e per questo il viceministro Rixi sta lavorando per la riforma della governance dei porti. Ci siamo dati come obiettivo che diventi norma entro il 2024”.
Per Edoardo Rixi e per Salvini occorre una riforma che consenta all’Italia di sfruttare la sua posizione strategica all’interno del Mediterraneo, con una maggiore capacità di scalo e con procedure snelle; la chiave per la Lega è quella di creare a livello centrale un ente che possa aiutare i porti a coordinare gli investimenti.
Quindi coordinamento ‘finanziario’ e non portuale? Si passa dagli accorpamenti regionali marittimi (AdSP) a Sistema portuale governato da Roma, mentre qualcuno chiede ancora l’autonomia dei porti! Per la Lega l’attuale veste dell’ente pubblico non economico per le Autorità portuali, adottata con l’ultima riforma, è assolutamente inadeguata per governare i processi decisionali dei principali porti nazionali. Si badi si parla solo dei ‘… principali porti nazionali’, cioè quelli asserviti a città metropolitane? Ed allora si potrebbe pensare ad un’Autorità Unica di Sistema Portuale meridionale?
Secondo alcune indiscrezioni, al Mit starebbero lavorando ad una ‘legge delega’ che affidi al Governo il compito di istituire un’agenzia nazionale dei porti simile alla Puertos del Estado, la società statale spagnola responsabile della gestione dei porti iberici. L’idea, come avvenuto per le Zes, sarebbe sostanzialmente quella di centralizzare, o comunque di prevedere una governance a due livelli, un ente centrale e poi le AdSP. Naturalmente, per riformare i porti si dovrà passare prima dal ‘commissariamento’ di tutte le Autorità portuali in scadenza nel 2024, come dice Salvini, preparando la strada alla ‘riforma’ e al cambio della governance dei porti.
Edoardo Rixi, intervenendo al decimo Forum Shipping & Intermodal Transport di Genova, ha detto: “La società che, nei piani del Mit, dovrà gestire e coordinare le singole AdSP sarà per il momento pubblica; in futuro vedremo come comportarci, ma non parlerei in senso assoluto di partecipazione del privato”. “Nella riforma c’è, dice il viceministro, una dimensione locale e una dimensione centrale; l’obiettivo è una società in house pubblica, e più avanti potrebbe partecipare in porti di altri Paesi ma anche essere partecipata a sua volta da altri Paesi”. Rixi ha svelato che la struttura centrale dovrebbe poter ‘investire in altri porti del mondo, per influire sui traffici degli scali all’estero’, su modello della Port Authority Singapore.
I sindacati confederali si sono dichiarati contrari in quanto “si rischia di gettare nel caos il settore della portualità italiana, mentre è assolutamente indispensabile affrontare il tema della riforma della portualità molto attentamente e attraverso proposte mirate che salvaguardino gli attuali assetti derivanti dalla legge 84/94, favorendo lo sviluppo equilibrato del settore portuale nazionale senza creare inutili e dannose incertezze”. Cgil richiede un confronto costante e non sporadico, in assenza del quale “non assisteremo con le mani in mano perché la portualità non può essere riformata senza un vero coinvolgimento del mondo del lavoro”.
Nella speranza che tale proposta di riforma non diventi un problema politico per la coalizione governativa, occorre ora capire chi, come e cosa sarà questa Agenzia nazionale e che conseguenze ci saranno per le singole Autorità portuali e le AdSP; a pensare ‘male’, la proposta Rixi-Salvini porterà alle privatizzazioni dei porti? E quali? Sappiamo benissimo quanto gli Stati che controllano le più importanti vie di navigazione possono esercitare un notevole potere economico e politico. Sviluppare solo il business portuale senza considerare l’impatto di sostenibilità ambientale, sociale e di governance, significa non considerare il valore storico-geografico-economico-marittimo di un porto.