Diritti e tutele nella cornice dell’orientamento giuridico internazionale marittimo
Il ‘luogo sicuro’ per un naufrago è importante per la sua salvaguardia della vita e la sicurezza per continuare a vivere.
Il volume che presentiamo parte dalla condizione di ‘naufrago’ causato da una migrazione marittima che sta impegnando il Mare Mediterraneo in questo periodo storico in cui il continente africano non riesce a garantire democrazia e sviluppo per i suoi abitanti.
Un naufrago è una persona che viene portata alla deriva o sulla terraferma. Solitamente la situazione avviene dopo un naufragio. Il naufragio propriamente detto accade quando un’ imbarcazione si inabissa per cause non dipendenti da un attacco di un’altra nave ad esempio a seguito di atti di guerra; in tal caso si parla di affondamento.
Durante questi ultimi flussi migratori, si deve tener conto delle seguenti fasi: una persona paga un ticket per imbarcarsi su una ‘barca/barchino’ per poter emigrare; la barca non è sicuramente in condizioni nautiche per poter navigare e quindi deve affrontare continui ‘sinistri’, dalla propulsione alla galleggiabilità e soprattutto alla conduzione; in questa seconda fase la persona imbarcata, cadendo in mare, diventa naufrago. Intercettato da alcune navi – autorizzate e non – soccorrono la persona per poi, nella terza fase, trasportarla in ‘luogo sicuro’. Da osservare che la nave di soccorso, autorizzata e non, è già un luogo sicuro.
Un luogo sicuro è una località dove le operazioni di soccorso si considerano concluse, e dove: la sicurezza dei sopravvissuti o la loro vita non è più minacciata; le necessità umane primarie (come cibo, alloggio e cure mediche) possono essere soddisfatte; e può essere organizzato il trasporto dei sopravvissuti nella destinazione vicina o finale. Sebbene una nave che presta assistenza possa costituire temporaneamente un luogo sicuro, essa dovrebbe essere sollevata da tale responsabilità non appena possano essere intraprese soluzioni alternative.
La Convenzione Internazionale sulla Ricerca e il Salvataggio marittimo, (SAR, Search and Rescue) adottata sotto gli auspici dell’IMO (Organizzazione Internazionale Marittima) nella Conferenza di Amburgo del 27 aprile 1979, costituisce il punto d’arrivo a cui l’IMO è pervenuta dopo anni di intensi lavori preparatori finalizzati all’effettiva e concreta attuazione dell’obbligo degli Stati (reiterato in molte altre Convenzioni, particolarmente quelle sulla salvaguardia della vita umana in mare e la Convenzione sull’Altomare del 1958) di assicurare assistenza alle persone in pericolo in mare.
La Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare del 1982 (Convenzione UNCLOS) dispone che “Ogni Stato deve esigere che il Comandante di una nave che batte la sua bandiera, nella misura in cui gli sia possibile adempiere senza mettere a repentaglio la nave, l’equipaggio o i passeggeri: (a) presti soccorso a chiunque sia trovato in mare in pericolo di vita; (b) proceda quanto più velocemente è possibile al soccorso delle persone in pericolo, se viene a conoscenza del loro bisogno di assistenza, nella misura in cui ci si può ragionevolmente aspettare da lui tale iniziativa”. (Art. 98 (1)). Mentre, la Convenzione internazionale per la Sicurezza della Vita in Mare del 1974 (Convenzione SOLAS) obbliga il “comandante di una nave che si trovi nella posizione di essere in grado di prestare assistenza, avendo ricevuto informazione da qualsiasi fonte circa la presenza di persone in pericolo in mare, a procedere con tutta rapidità alla loro assistenza, se possibile informando gli interessati o il servizio di ricerca e soccorso del fatto che la nave sta effettuando tale operazione …” (Capitolo V, Regolamento 33(1)).
Il libro del giornalista e professore a c. c/o l’università degli studi N. Cusano di Roma, Giuseppe Paccione di puntuale attualità, focalizza appunto tali aspetti per poter interpretare giuridicamente la cd ‘migrazione marittima’ che sta occupando il Mare Mediterraneo e con i flussi migratori sempre in aumento.
La redazione de IL NAUTILUS
EN
The obligation to render aid to any person who is in the grip of shipwreck at sea is now regarded as an established rule in general international law. Sea rescue consists in rescuing individuals on board boats or other rescue units, up to delivery and disembarkation. However, it happens that the coastal States show some reluctance to accept the landing on their territorial edges in the event that the emergency situation and the rescue operation occurred during the attempts of clandestine or irregular entry into the coastal State.
In the past there was little attention from international law to the migratory phenomenon by sea, while in recent years, thanks also to the amendments that have been adopted in the SOLAS and SAR Conventions, we are witnessing the intervention of international law which imposes the obligation, once the persons have been rescued, to disembark them in a place of safety, a safe area to be provided by the responsible coastal State and part of the search and rescue region, in which the survivors were rescued saved or recovered. While I am aware that there is no clear definition of the concept of safe place in the various sections dealing with search and rescue at sea, however there is the application of a range of guidelines from the International Maritime Organization which is not de legally binding.
One cannot fail to underline also the standard of applicable interpretation, which requires that the meaning be established by referring not only to the text but also to the context, object and purpose of the treaty. The volume focuses on the theme of the interpretation of the parameter of the safe place through a meticulous attention to the international legal structure for irregular maritime migration which embraces the provisions in the context of the international law of the sea, of refugees, of the right of the person and of the law against transnational criminal organizations that deal with the trafficking of migrants and on a debate that focuses on the theme of interpretation to be applied, first of all, to the interpretative analysis of the concept of safe place, as an area in which not only maritime safety but also of the shipwrecked is no longer threatened.