A seguito degli attacchi delle forze ribelli sciite, Houthi, di stanza nello Yemen alle navi in transito nel Canale di Suez, le compagnie di navigazione Cosco, MSC, Maersk, CMA CGM, Hapag Lloyd oltre all’israeliana ZIM, a partire da metà dicembre 2023 hanno temporaneamente sospeso il transito vicino alle coste yemenite e attraverso il Canale di Suez, da cui passa il 12% delle merci mondiali.
La rotta alternativa è la circumnavigazione dell’Africa dal Capo di Buona Speranza e l’arrivo al Mediterraneo attraverso Gibilterra o la Manica, che significa percorrere oltre 2500-3500 miglia nautiche e tempi di navigazione più lunghi del 30%, ovvero circa 10 giorni in più. I porti potenzialmente più svantaggiati dovrebbero essere quelli del Mediterraneo Orientale e, in particolare, quelli dell’Adriatico, mentre ne trarranno vantaggio gli hub di Le Havre, Rotterdam, Amburgo e in generale i porti del Nord Europa.
L’11 gennaio 2024 gli Stati Uniti e la Gran Bretagna hanno colpito oltre una sessantina di obiettivi degli Houthi nello Yemen, nel tentativo di interrompere gli attacchi con missili e droni verso le navi che passano davanti alle coste yemenite per raggiungere il Canale di Suez.
Secondo gli analisti di Xeneta, la piattaforma che monitora le tariffe del trasporto marittimo, questa azione non dovrebbe risolvere il problema nel breve termine, anzi sta aumentando la tensione in tutta la regione. Il 12 gennaio, infatti, gli yemeniti hanno dichiarato che non interromperanno gli attacchi e ne sono la prova i lanci di missili contro navi in transito in quell’area, che si stanno succedendo nelle ultime ore
Sempre secondo Xeneta, “le tariffe di trasporto marittimo dall’Estremo Oriente al Mediterraneo e al Nord Europa sono destinate ad aumentare del 200% da metà dicembre nei prossimi sette giorni”. Più a lungo durerà questa crisi, maggiori saranno i disagi che causerà al trasporto marittimo di merci in tutto il mondo e i costi continueranno ad aumentare. Ciò significa che le merci subiranno ritardi o non arriveranno affatto e che i prezzi aumenteranno per il consumatore finale”. Conclude Xeneta: “ci vogliono mesi e non settimane o giorni prima che questa crisi raggiunga una qualsiasi soluzione”.
Secondo Drewry, società che elabora l’indicatore dell’andamento dei noli marittimi dei container, con la crisi di Suez il trasporto dei container tra Asia -Europa sulla rotta tra Shanghai e Genova (il porto con maggiori traffici verso l’Oriente, ma la medesima situazione è estesa a tutti i porti mediterranei) sta subendo i rincari più alti: la tratta Cina – Italia fa segnare un ulteriore +25%$. Nell’ultimo periodo monitorato, quello della settimana al 4 all’11 gennaio, il nolo medio per trasportare un container da 40 piedi è salito a 5.213 dollari, +25% rispetto alla settimana precedente, +78,1% rispetto a gennaio dello scorso anno, +287,8% rispetto a fine ottobre, prima che iniziassero gli attacchi Houthi. Il trasporto via mare di un container da Shanghai a Genova costa quindi di più che portarlo a Rotterdam (4.406 dollari, +23% in una settimana), New York (4.170, +8%) o Los Angeles (2.790, +2%). Oltre al fatto che girare attorno all’Africa richiede più tempo e più carburante, va considerato inoltre il rincaro dei cosiddetti Eu Ets, (European Union Emissions Trading System), Il Sistema europeo di scambio di quote di emissione di gas a effetto serra, che sono una specie di tassa sulle emissioni di CO2.
Tutto questo si scarica sui prezzi dei prodotti pagati dai consumatori, il rischio è che l’inflazione aumenti ulteriormente, e che i tagli dei tassi da parte delle banche centrali vengano rinviati. L’esito sarebbero più inflazione e meno crescita economica, cioè il contrario di quello che si prevedeva nel 2024.
Intanto la crisi del Mar Rosso sta già causando problemi alla produzione industriale europea.
Il 12 gennaio, Tesla ha annunciato che sospenderà la produzione delle sue autovetture elettriche in Germania per mancanza di alcuni componenti provenienti dall’Asia. La società spiega che “il notevole allungamento dei tempi di trasporto crea un divario nelle catene di approvvigionamento”. La produzione sarà sospesa tra il 29 gennaio e l’11 febbraio.
I dati certi sul traffico navale sembrano preludere a una chiusura di fatto del Canale di Suez.
Il Kiel Institute for the World Economy segnala che il numero dei transiti è crollato del 60 per cento, da 500.000 container al giorno a 200.000.
Da quando sono cominciati gli attacchi degli Houti, dice ancora l’istituto di Kiel, il traffico marittimo mondiale è diminuito dell’1,3%. Tuttavia ci sono due postille: quel -1,3% può dipendere dagli attacchi dei terroristi, ma anche da altre cause (ad esempio, potrebbe essere sintomo di un’incipiente recessione internazionale).
Inoltre, per l’Italia l’impatto rischia di essere molto maggiore, visto che la nostra quota di import e di export che transita da Suez è vicina al 40%.
Ritardi e cambi di rotta potranno interessare anche il porto di Ravenna che importa dal Medio ed Estremo Oriente soprattutto prodotti metallurgici e che, pur non avendo servizi container diretti con l’estremo Oriente, ha comunque collegamenti feeder con porti maggiori situati nel Mediterraneo e a loro volta collegati con porti del Medio ed Estremo Oriente.
Ad oggi non sono ancora evidenti ripercussioni sul traffico del Porto di Ravenna, anche se si registra una lieve flessione nella movimentazione della merce proveniente dai porti del Medio ed estremo Oriente per il mese di dicembre: i dati del mese, ancora provvisori, indicano un mese positivo ma con una percentuale di merce proveniente dal Medio e Estremo Oriente pari al 18%, il mese più basso del 2023, tenendo conto che in alcuni mesi dell’anno la percentuale è stata anche superiore al 30%.
Rispetto ai volumi movimentati nell’intero anno, se è vero che nel 2022 il traffico attraverso il Canale di Suez ha rappresentato il 17% di quello totale del Porto (19% includendo i container), nelle stime per il 2023 il traffico attraverso il Canale di Suez è invece salito al 20% di quello totale del Porto (24% includendo i container).