TALLIN – L’Italia non trova la solidarietà di Francia e Spagna come si era verificato nei giorni precedenti. L’Italia rimane da sola a dover affrontare la questione dei migranti e l’annuncio di chiusura dei porti alle navi Ong. Le missioni Triton e Sophia con il relativo coordinamento degli sbarchi rimangono irrisolto e comunque affidato all’Italia. La cosa certa chiesta all’Italia è di accelerare le procedure di rimpatri per evitare l’esperienza dei mesi scorsi, per cui tre mila eritrei richiedenti asilo sono stati identificati e di fatto scomparsi.
Che cosa si è deciso d’importante? Solo i finanziamenti europei da destinare ai libici, poiché la Libia è uno Stato frammentato, e garanti saranno i vari sindaci e per questo è importante per il nostro Ministro Minniti incontrarli al più presto. Si tratta di rafforzare i bisogni della Guardia costiera libica per sorvegliare le acque territoriali e la polizia locale per il controllo delle frontiere a terra, con la presenza dell’Oim (Organizzazione Internazionale per le Migrazione) e dell’Unhcr (United Nations High Commissioner for Refugees) per evitare la gestione tipo “lager” dei campi profughi.
Le altre misure concordate in precedenza, cioè il Codice di condotta per le navi Ong e la rivisitazione del protocollo sui visti ai Paesi contrari ai rimpatri, rimangono scritte e rappresentano più una buona misura nella mente dell’Ue che un impegno a realizzarle concretamente, poiché complesse per il diritto internazionale e le varie convenzioni sulla legge del mare. Il proponimento era di regolamentare le azioni delle navi Ong, operative nel Mediterraneo, con una riduzione della libertà di movimento (navigare) soprattutto in prossimità delle acque territoriali libiche.
Vietare l’ingresso nelle acque libiche; vietare lo spegnimento dei trasponder AIS per la loro localizzazione e vietare i segnali luminosi a tutta nave per farsi riconoscere dai gommoni, pilotati sempre da scafisti mercenari. Divieti tutti discutibili, visto che una nave Ong è una nave, quindi armata, equipaggiata e comandata, con tutti i documenti e certificati concesse dalle varie Amministrazioni di bandiera e nel rispetto delle norme e convenzioni internazionali.
Per una corretta informazione, le organizzazioni non governative, impegnate nelle attività di soccorso, fra le più importanti, sono la Moas (Migrant Offshore Aid Station), una delle più preparate tecnologicamente: due navi di oltre 40 metri di lunghezza, la Phoenix e la Topaz Respoder, due droni e due Rigid-hulled Inflatable Boat (Rhib, dei gommoni semi rigidi), team di ricerca e di soccorso, oltre al team di emergenza medica. Poi è presente la SoS Méditerranée, fondata in Germania e conta tre affiliate, una tedesca, una francese e un’italiana; è impegnata in operazioni con una nave di oltre 70 metri di lunghezza, l’Aquarius, noleggiata da armatore tedesco e a bordo è presente personale sanitario di Medici senza Frontiere.
La Medici senza Frontiere (MsF), organizzazione con una sede dislocata in Italia, opera con due navi: in proprio con la Prudence, bandiera italiana e l’Aquarius in collaborazione con la SoS Méditerranée offrendo solo personale medico. La Prudence è una nave mercantile lunga oltre 75 metri e può ospitare a bordo circa 600 persone e fino a mille in caso di necessità; diciassette membri di equipaggio con molti italiani, tredici sono di MsF, dotata di ambulatorio, farmacia e sala operatoria per casi di estrema urgenza. La Sea Eye, pare di origine tedesca, nata nel 2015, dopo l’operazione Mare Nostrum, ha due navi di proprietà, la Sea Eye e la Seefuchs, due vecchi pescherecci, oltre ad un aereo ultraleggero, il Sea Watch Air.
La Sea Watch una piccola Ong con sede a Berlino, è presente con una nave, la Sea Watch 2, bandiera olandese, con diciassette membri di equipaggio e dispone di un aereo da ricognizione nave. La Save The Children, con sede anche in Italia, opera con la nave Vos Hestia di base ad Augusta; lunga circa 60 metri, può ospitare fino a 300 persone e dispone di due gommoni di salvataggio e di squadre specializzate. Poi vi sono quelle minori che operano con dei pescherecci e sono la Proactiva Open Arms, la Life Boat, la Jurgen Rettet.
Ora sappiamo che il compito di organizzare servizi di ricerca e salvataggio nell’ambito dell’intera regione d’interesse italiano sul mare, esteso oltre i confini delle acque territoriali, è affidato al Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto,la Guardia Costiera e che questa assume le funzioni di IMRCC (Italian Maritime Rescue Coordination Centre) e che opera con mezzi propri e coordina le operazioni condotte da altre navi che transitano per il sito di ricerca. Su quest’assunto internazionale, le navi Ong navigano nel Mediterraneo Centrale con rotte all’interno dell’area SAR (Search And Rescue), aventi di fatto l’obiettivo esclusivo di compiere operazioni di salvataggio. Quindi la Guardia Costiera italiana deve coordinare anche le navi Ong? Per ogni nave che entra in un porto dopo le operazioni di salvataggio, a seguito di un sinistro marittimo, deve essere sottoposta a inchiesta.
Abele Carruezzo