VENEZIA – “I risultati che abbiamo raggiunto in questi otto anni sono troppo belli per essere raccontati, senza dimostrazione di supponenza: diciamo che sono stato fortunato”. Così il presidente uscente dell’Autorità portuale di Venezia, Paolo Costa, ha sintetizzato la sua presidenza, nella conferenza stampa di fine mandato alla presidenza dell’Autorità portuale di Venezia. “Faccio i migliori auguri – ha premesso – al nuovo presidente che arriverà tra qualche giorno e non mancherò di consegnargli nel modo più opportuno le mie valutazioni, di cui farà il conto che crede”.
Nel lungo discorso, Costa ha ringraziato molte persone per “questa meravigliosa esperienza, che non credevo, quando è iniziata, che sarebbe stata così stimolante, interessante e capace di coinvolgermi”: dall'”equipaggio” dell’Autorità portuale (91 lavoratori diretti e 80 nelle controllate) che ha “dimostrato in giro per il mondo i successi di questa Autorità, più apprezzata altrove che qui, per la capacità di leggere quanto si sta facendo”, agli operatori portuali che “hanno accettato la sfida di riportare Venezia sui mercati contendibili”, a coloro che hanno accettato la nuova “rivoluzione portocentrica dei mercati”. “L’unico rimpianto su cui bisognerà riflettere – ha detto – è che ci sono state poche partecipazioni dell’imprenditoria veneziana a queste rivoluzioni”.
Ancora ringraziamenti per le autorità con cui Apv ha collaborato “trovando forme di collaborazione che realizzano di fatto quanto adesso chiede la riforma Delrio-Madia” e le istituzioni, anche se “non sempre è stato possibile trovare una lunghezza d’onda comune”.
Sulla gestione degli otto anni, Costa ha spiegato: “abbiamo approfittato della crisi, cercando di capire i punti deboli e quali i punti forti su cui puntare una volta che la crisi sarà finita. Ad esempio, a Porto Marghera abbiamo cercato di reinventare queste aree per riposizionarci su settori competitivi. Tutto questo lo abbiamo fatto risolvendo i due nodi della difficoltà di ingresso delle navi e della difficoltà di uscita delle merci, impiegando risorse ingenti con investimenti anticiclici”. “Oggi – ha sottolineato – abbiamo un sistema efficiente, in cui, ad esempio, anche se nessuno lo sottolinea a livello governativo, nel 2016 abbiamo visto uscire tanti treni quasi quanti Trieste, ma con un +46% e ulteriori capacità di crescita”.
“Da un lato – ha poi detto – lascio un progetto completo e coerente, in base al quale bisogna decidere, guardando al 2030, quali siano gli obiettivi massimi raggiungibili per container, ro-ro, rinfuse e, solo infine, perché abbiamo un potenziale di mercato altissimo e quindi c’è poco da fare, crociere. E poi lasciamo dei dossier aperti, su questioni che avrebbero dovuto essere chiuse da tempo, ma che continuano ad andare su e giù, per incapacità di decidere e sottorappresentazione dei problemi di Venezia rispetto al Governo, visto che mettendo insieme il fatto che siamo il porto più vicino al Brennero e il punto più vicino al centro Europa per l’Oriente, siamo il punto di interscambio di maggior convenienza sulla Via della seta”.
Tra i dossier aperti, il terminal offshore Voops (riguardo al quale “Venezia, Trieste e Capodistria devono ragionare insieme, nell’ottica delle potenzialità dell’Alto Adriatico”), la soluzione del passaggio delle crociere in Bacino San Marco (“il decreto Clini Passera sta per compiere cinque anni: in uno Stato di diritto, si applicano le leggi, mentre qui non si tiene conto che si dice che è l’Autorità portuale a dover individuare l’alternativa.
E l’idea che non si può scavare in laguna è una delle più grosse fesserie”), ma anche il tema del mercato ro-ro con la Turchia (che prevede un privilegio per Trieste in base ad un decreto ministeriale del 1980) e quello della conca di navigazione. “Tutte piccole-grandi cose – conclude Costa – che, se ci fossero, darebbero al Paese una risorsa incredibile con cui risolvere molti dei suoi problemi”.