Emergenza lavoro in banchina

GENOVA – Il porto ligure, pur rappresentando un nodo mediterraneo principale per lo sviluppo della mobilità delle merci e dei passeggeri per l’intero continente europeo, non riesce a garantire futuro economico alle proprie compagnie portuali. Ci riferiamo alla Culmv, compagnia portuale (articolo 17 della 84/94) che di fronte agli aumenti di traffico di navi versa in difficoltà economiche; alla compagnia “Pietro Chiesa”(articolo 16) che non gode di forte sviluppo economico per assenza di traffici; e poi  la banchina delle rinfuse, praticamente ferma, con i carbuné che lamentano da tempo la crisi dei traffici e il lavoro quasi azzerato. Infine, esiste anche la compagnia di Savona, la”Pippo Rebagliati” che chiede la deroga al rinnovo come articolo 17.

La strategia messa in campo è l’unificazione delle tre compagnie dando luogo alla Compagnia dei Lavoratori Portuali della Liguria. L’onorevole Mario Tullo del PD si sta adoperando ancora una volta per aiutare le “compagnie portuali”. I deputati liguri tornano alla carica con un nuovo emendamento, rivitalizzando il 15-bis, articolo che garantisce il rifinanziamento delle compagnie portuali in cambio di formazione. S’intende aggiungere un comma al decreto che istituisce le Agenzie del lavoro per Taranto e Gioia Tauro con l’approvazione del sottosegretario ai Trasporti Del Basso De Caro e tale proposta potrà essere discussa in della Camera martedì prossimo 31gennaio 2017. In questa maniera, con i finanziamenti dell’ (15% delle entrate) si garantirebbe sì la formazione, ma si accelererebbe l’iter verso la fusione delle compagnie portuali liguri.

Nell’emendamento è prevista anche l’eliminazione della clausola che imponeva la riduzione del 5% del personale visto l’assenza di esuberi. Ma le altre realtà portuali? Vi sono porti, la maggioranza, dove le Compagnie hanno optato per la fornitura di lavoro; altri in cui le compagnie storiche hanno scelto di trasformarsi in impresa per evitare di perdere attività terminaliste o le conduzioni di concessioni (in contrasto con l’articolo 17); altri porti ancora, dove non erano presenti le compagnie, hanno istituito un’agenzia per la fornitura del lavoro autorizzata con l’art. 17 o senza detta autorizzazione. Tutto questo pone e porrà un problema serio alle nascenti Autorità di Sistema Portuale: nel rispetto della centralità del lavoro portuale, e dell’identità delle compagnie portuali, chi paga le varie evoluzioni dei processi riorganizzativi e formativi di detti lavoratori, rispetto ai privati (concessioni portuali) che investono denari non pubblici creando sviluppo territoriale e occupazione? Si va verso un “ri-sistema-re del lavoro portuale” ancor prima della governance delle AdSP?

Vecchi problemi – le compagnie portuali – che si vogliono risolvere con nuovi strumenti, appunto con i finanziamenti delle AdSP? La Legge di Bilancio, licenziata dalla Camera due settimane addietro è stata approvata con la fiducia con il medesimo testo al Senato e con la conseguente decadenza di tutti gli emendamenti. Ora si torna indietro e non è detto che il Parlamento approvi, anche se per i deputati del PD insistere su questa strada pare che sia quella giusta e valida per tutti i porti italiani e non solo per Genova.

 

Abele Carruezzo