Autorità di sistema: chi ha chiesto la moratoria

ROMA – Dapprincipio, galeotto fu l’articolo 22 del D.lgs 169/16: “su richiesta motivata del Presidente della Regione, da presentarsi entro 15 giorni dalla entrata in vigore del presente comma, può essere altresì disposto, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture dei trasporti, il mantenimento, per un periodo non superiore a trentasei mesi, dell’autonomia finanziaria e amministrativa di Autorità portuali già costituite ai sensi della citata legge n.84 del 1994”.

Al grido fanciullesco di “sim sala bim”, qualsiasi chiaroveggente sarebbe stato in grado di prevedere millimetricamente il valzer dei dissidenti che una simil disposizione di legge avrebbe inscenato. Dalla Liguria alla Sicilia, passando per la Sardegna e la Campania, continuano ad ingrassare le fila dei che “chiedono più tempo per gli accorpamenti”: gli ultimi della fila indiana sono gli scali sardi di Cagliari ed Olbia, alle prese sia con problemi strutturali (vedasi l’adeguamento delle banchine di Porto Torres) che meramente allocativi (rectius, la scelta della sede della nuova Autorità di sistema).

Ma c’è anche spazio per risvolti kafkiani in questo affare: fanno sapere direttamente dal Ministero dei Trasporti che l’istanza presentata dalla giunta Toti, relativa agli scali di Genova, La Spezia e Savona, sarebbe stata liquidata come “irricevibile” poiché viziata sia dall’assenza di motivazione che di un termine di durata della : vale a dire, anche volendo accogliere i contenuti della richiesta di deroga, sia gli uffici legislativi di Palazzo Chigi che la Corte dei Conti potrebbero “andare di ghigliottina”.

Resta del tutto opaco, nelle more della prima, imminente, circolare del Ministero, il regime differenziato di trattamento nonché quello gestionale previsto per le “vecchie” Autorità portuali graziate dal regime di proroga: si legga in tal ottica, ad esempio, il profilo relativo all’accesso ai canali di finanziamento nazionali e/o comunitari (Ivano Russo, consigliere speciale del MIT, ha già dichiarato a tal uopo che “non sarà concesso alcun finanziamento agli scali in regime di moratoria”), la c.d. decretazione d’urgenza ed il regime tributario. Su quest’ultimo punto, non è ancora chiaro se gli scali in regime di moratoria potranno, al pari delle Autorità di sistema, incassare direttamente le c.d. tasse portuali o dovranno continuare a conferirle all’Erario nazionale.

In tutto ciò, e con una pregevole dose di realismo, la Regione Puglia pare si sia definitivamente scostata dal valzer dei dissidenti: è arrivato il tempo, hic et nunc, di confinare in soffitta i gattopardismi e gli inutili consigli monotematici sui porti, la sanità pubblica ne sarà riconoscente.

 

Stefano Carbonara